Indice
- Introduzione alla Mezza Maratona
- Preparazione Mezza Maratona: I MEZZI ALLENANTI
- Preparazione Mezza Maratona: PROGRAMMAZIONE
- Preparazione Mezza Maratona: ROUTINE
- Preparazione Mezza Maratona: CARATTERISTICHE RUNNER
- Preparazione Mezza Maratona: PERCEZIONE DELLA FATICA
- Preparazione Mezza Maratona: TATTICA DI GARA
- Preparazione Mezza Maratona: PASSO E FC
- Preparazione Mezza Maratona: ECB
Introduzione alla Mezza Maratona
L’ultimo articolo sul quadro generale legato alla preparazione di un diecimila mi fornisce un assist ideale per raddoppiare la posta in tavola (più o meno) ed introdurre la sorella maggiore, una tipologia di gara molto amata da tutti i runner amatori: la mezza maratona.
Se il 10mila è, di solito, l’inizio del viaggio nel running, la mezza maratona è il passaggio più diretto.
È una competizione che mi piace definire ”democratica”, poiché si posiziona su una fascia di fatica tutto sommato ancora accettabile rispetto alla sorella minore e molto meno imponente dello scoglio supremo del runner: la maratona.
Rispetto ad un 10mila ha una minore componente anaerobica, quindi una inferiore esigenza di correre, passatemi il termine, “col cuore in gola”.
Rispetto ad una maratona ha un chilometraggio molto meno elevato, quindi una minore richiesta di resistenza aerobica di base e, statisticamente, un tasso di infortuni minore durante la preparazione, il che “non guasta alla salute”, in tutti i sensi.
Volendo generalizzare, è possibile affermare che un podista mediamente allenato riesce, di solito, ad ottenere risultati più che accettabili su questa distanza, senza incorrere in richieste fisiche sproporzionate e in eventi eccessivamente funesti dal punto di vista organico.
Questo nella media.
Il discorso è che fare una mezza maratona al massimo, cioè avvicinandosi il più possibile ai propri limiti, in realtà, è una cosa diversa, ed è certamente molto provante.
Per procedere al meglio nella valutazione di quali requisiti servano per andare bene in una mezza maratona, analizziamo il modello della prestazione, ovvero ciò che occorre per ottenere buoni risultati in una gara simile.
Caratteristiche Mezza Maratona
L’ideale è riuscire ad affrontare questa competizione il più vicino possibile al proprio MLSS (Maximum Lactate Steady State), cioè la massima velocità in cui esiste ancora nell’organismo un equilibrio fra lattato prodotto e smaltito.
Questo richiede la cura specifica di una qualità fisiologica chiamata capacità aerobica, cioè la capacità di resistere a lungo alle andature attorno al MLSS.
Per farlo, occorre incrociare più meccanismi all’interno della preparazione (in base allo stato di partenza dell’atleta), per poi arrivare ad una rifinitura del ritmo gara vero e proprio.
A differenza della 10Km, questa gara ha una richiesta metabolica che tende, per la maggior parte degli amatori, a comprendere un impegno di un minor range di fibre (le velocità sostenute sono inferiori). Questo è ovviamente un discorso non valido per gli amatori più forti e gli élite, che tendono a correrla molto vicino al MLSS.
Parliamo di una gara che impegna severamente le fibre prettamente resistenti (ST - slow twitch - fibre rosse/aerobiche), con un coinvolgimento più o meno accentuato (in base alla tipologia di runner) delle fibre veloci ossidative (FTa - Fast Twitch di tipo ossidativo).
Da questo momento in poi sono validi tutti i discorsi già fatti nell'articolo dedicato al diecimila: infatti, dopo aver compreso le peculiarità della gara dovremo preoccuparci di quelle dell’atleta. Prima fra tutte, la comprensione della tipologia di fibra muscolare di appartenenza.
Preparazione Mezza Maratona: I MEZZI ALLENANTI
LE DUE TIPOLOGIE PRINCIPALI DI ATLETA
La propensione verso fibre con caratteristiche anaerobiche e, quindi, a sforzi intensi di breve durata, porterà ad una determinata tipologia di preparazione.
Caratteristiche più aerobiche, cioè ad una preponderanza di fibre più resistenti che veloci, condurrà ad una impostazione differente.
Come ho già affermato nell’altro post, queste caratteristiche sono in grado di cambiare RADICALMENTE l’approccio alla preparazione di una gara: le due tipologie di sportivo dovrebbero essere trattate in modo diverso, cioè con diversi mezzi allenanti.
Visto che nel precedente articolo dedicato al DIECIMILA ho cercato di spiegare a livello generale l’approccio alla gara, questa volta cercherò di aggiungere qualche particolare, mostrando, innanzitutto, in che modo andrebbero trattati i due casi. Ovviamente non potrò entrare troppo nello specifico di una programmazione. Questo sarebbe impossibile da fare, senza conoscere più dettagliatamente il soggetto.
Vorrei sottolineare che la mia impostazione segue sempre due vie primarie e parallele:
PRIMO: la cura dell’impianto di forza specifica e risposta neuromuscolare in grado di sostenere il gesto richiesto.
SECONDO: la cura dei mezzi allenanti veri e propri che dovranno indirizzare l’atleta verso i miglioramenti necessari all’obiettivo.
Quindi, il primo punto è la creazione di un allenamento all’allenamento, quello che in gergo viene chiamato pre-condizionamento, cioè l’impalcatura del condominio da costruire.
Il secondo punto è l’allenamento vero e proprio, il condominio.
Se non abbiamo entrambe le cose difficilmente avremo una via rettilinea verso l’obiettivo, perché senza la cura degli aspetti secondari della prestazione è molto più facile andare incontro a problematiche fisiche di varia natura.
Ci sono vari modi in cui mischio questi due aspetti.
In questo caso vediamo di impostare un percorso abbastanza lineare. Naturalmente non è il solo modo di operare possibile, e non è neanche detto che sia quello giusto nel caso specifico di chi legge. È solo un esempio, una proposta fra le diverse che si possono mettere in atto.
Non è una personalizzazione vera e propria. Ripeto: per una reale personalizzazione è necessario avere a che fare direttamente con l’atleta.
RUNNER RESISTENTE
(maggioranza di fibre lente o di fenotipo ST - slow twitch)
- Costruzione di un impianto di forza di base in grado di aiutare e sostenere lo sviluppo della resistenza chilometrica necessaria. Da questo punto di vista si potrà impostare sia un lavoro statico (esercizi di rinforzo in palestra o a casa attraverso circuit training mirato), sia un lavoro dinamico attraverso un primissimo approccio di lavori in salita che accompagnino il fenotipo di fibra (fartlek, per esempio) e, in seconda istanza, qualcosa di più tecnico in pista o su terreno morbido (tipo erba). Il goal, in questo caso, dopo una ripresa iniziale delle caratteristiche resistenti del soggetto, sarà una cura di una base di forza massima, per poi passare, nell’arco della pianificazione, ad un transfert tecnico/specifico in base alla gara. Cioè alla cura della tipologia di forza che servirà ad accompagnare al meglio le richieste di gara.
- Costruzione di una base chilometrica (base di volume aerobico) che permetta di sostenere al meglio la distanza di gara. I lavori più lunghi dovranno essere impostati almeno a 48 ore dai lavori di forza. Questo per permettere al muscolo un recupero completo. Nel caso di una 21Km la base chilometrica dovrebbe essere costruita, gradualmente, su dei lunghi che portino l’atleta a sostenere, senza grossi problemi, almeno 25/27 km alla velocità della prima soglia del lattato (velocità maratona). Questa soglia è la cosiddetta soglia aerobica, ovvero l’intervallo più basso di velocità in cui vi è un costante equilibrio fra l’accumulo e lo smaltimento del lattato ematico. In genere viene identificata con un accumulo di 2 mmol di lattato per litro di sangue, ma è molto più corretto dire che essa, proprio a causa delle differenze individuali, possa assumere quantitativi di lattato diversi da persona a persona. Le varie ricerche le attribuiscono un intervallo generico da 1,8 a 3,2 mmol/l nel sangue.
- Al contempo, sempre allo scopo di saldare al meglio la trama aerobica del soggetto, dopo un primo periodo dedicato, come detto, al fartlek (soprattutto in salita), si punterà alla graduale introduzione di medi, che inizialmente avranno carattere estensivo (velocità inferiori su più chilometri) e mano a mano tenderanno a modificarsi sul versante dell’intensità. Quindi stesse distanze, velocità più alte. D’altra parte, invece, si tenderà ad allungare i lavori neuromuscolari più brevi (sprint e allunghi) verso caratteristiche più estensive, a velocità inferiori.
- Solo dopo la costruzione di questo piedistallo, si potrà lavorare su un affinamento del ritmo gara attraverso i mezzi allenanti che si riterranno più idonei in base all’atleta (variazioni di vari tipi con recuperi ad hoc).
RUNNER VELOCE
(maggioranza di fibre veloci o di fenotipo FTX di tipo I (e 2) - Fast twitch)
- Costruzione di un impianto di forza di base in grado di aiutare e sostenere lo sviluppo della resistenza chilometrica necessaria. In questo caso si potranno impostare lavori statici e dinamici (esercizi di rinforzo in palestra o a casa attraverso circuit training mirato + salite/sprint di varia natura), con orientamento finale più indirizzato all’estensione dell’impianto di forza resistente. Il goal, in questo caso, sarà una rapida ripresa iniziale di forza massima (per svegliare le propensioni veloci già presenti in questa tipologia di runner), per poi passare alla fase più resistente attraverso transfert dinamici (salite sempre più lunghe, intervalli in pista sempre più estesi). Quindi una estensione in durata della velocità.
- Costruzione di una base chilometrica (base aerobica) che permetta di sostenere al meglio la distanza di gara. Nel caso di una 21Km questa base dovrebbe essere costruita, MOLTO gradualmente, su dei lunghi che portino l’atleta a sostenere, senza grossi problemi, almeno 25/27 km alla velocità della prima soglia del lattato. L’approccio col runner di fenotipo “veloce” è diverso dal precedente in questo caso. Il runner “veloce”, proprio a causa delle sue peculiarità, tende a soffrire particolarmente la distanza. Le fibre veloci sono più esplosive e hanno una risposta neuromuscolare più accentuata, ma tendono ad essere poco resistenti. Ecco perché, in questo caso, serve molta più gradualità.
- Al contempo, il lavoro migliore per costruire la trama aerobica del soggetto, sarà una graduale introduzione di medi, che avranno dapprima carattere intensivo (velocità più alte su meno chilometri, con sessioni spezzate, se necessario) e mano a mano tenderanno a modificarsi sul versante dell’estensione della durata. Quindi stesse velocità, ma distanze maggiori.
- Solo dopo la costruzione di questa base, si potrà lavorare su un affinamento del ritmo gara, attraverso i mezzi allenanti che si riterranno più idonei in quel momento, in base alle risposte dell'atleta.
Preparazione Mezza Maratona: PROGRAMMAZIONE
Perché non è possibile per tutti la preparazione di una Mezza Maratona in 4 settimane
Naturalmente è una provocazione.
La preparazione di una mezza maratona in 4 settimane è in assoluto la richiesta più assidua che mi sono sentito fare nel corso degli anni.
C’è un motivo molto concreto: l’amatore ha una stagione dove le gare si susseguono piuttosto costantemente. E il runner medio è un animale da gara.
Quindi i tempi di preparazione si restringono. Tutte le competizioni assumono importanza relativa: si desidera andare più o meno sempre bene, con qualche picco per le gare che si ritengono più importanti. Questo almeno nella media.
Avrete compreso che un arco di tempo così breve (che inquadriamo come periodo specifico) dovrà essere per forza di cose dedicato esclusivamente al perfezionamento del ritmo gara poiché non c’è il tempo materiale per dedicarsi ad altro.
Quindi, preparare una mezza al meglio, ma anche una qualsiasi altra competizione, in 4 settimane, in questo caso dipende moltissimo da quale tipo di performance si proviene.
Facciamo un esempio: un runner che ha appena completato una maratona non avrà certo difficoltà a perfezionare il proprio ritmo gara in così poco tempo. Anzi, molto spesso potrebbe bastare anche meno. Potrei portare moltissimi esempi di atleti che hanno “circondato” la propria maratona di personali in mezza poche settimane prima e dopo di essa.
Questo perché l’allenamento per la maratona coinvolge moltissimo anche il ritmo mezza e dona una resistenza aerobica molto importante.
Esempi diversi si possono fare invece per chi proviene da gare più brevi, come 5 e 10 km. In questi casi il periodo specifico di preparazione deve per forza di cose avere tempi più lunghi delle 4 settimane prese in esame in modo provocatorio, poiché, molto spesso, mancano la resistenza e la capacità aerobica per ottenere buoni risultati.
È necessario quindi andare a lavorare su una estensione della velocità di gara.
In genere è utile un periodo di almeno 6 settimane per poter perfezionare una competizione (una mezza, in questo caso) provenendo dalla competizione direttamente più breve (la 10 km).
Naturalmente, per alcuni potrebbe risultare più semplice il passaggio, per altri meno.
La componente soggettiva è estremamente condizionante.
Devo altresì sottolineare che, con atleti provenienti dal 10 mila, mi è capitato spesso che una preparazione di quattro settimane portasse ad una mezza clou non ancora al meglio… e che due o 3 settimane dopo, in mezze prese in maniera più “diplomatica”, arrivassero personali inaspettati.
Preparazione Mezza Maratona: ROUTINE
ROUTINE NEUROMUSCOLARE PER SOSTENERE LA PERFORMANCE
Per ciò che riguarda l’impianto di forza di base, per entrambe le categorie di runner (da interpretare nei modi descritti in precedenza), allego, a livello generico, una routine che avevo già inserito nel post della 10km, si tratta di una progressione di sprint in salita (pendenza 12/15%) da 8” a 12”.
Parto da 4 sprint poiché tengo conto di sportivi abbastanza nuovi a questo tipo di sollecitazione, pertanto meglio esordire cauti. Gli atleti più esperti interpreteranno questi consigli in base al loro grado di fitness (quindi anche partendo da 8 sprint se è il caso).
I runner di fenotipo più prettamente veloce si dovrebbero trovare a loro agio nel corso di queste sedute, che non dovrebbero creare problematiche particolari. Se fate parte di questa tipologia, e notate che i lavori proposti risultano essere facili e ben assimilati, potete allungare la durata degli sprint: quindi 10” anziché 8”. 12” o 15” anziché 10”. 15” o 20” anziché 12”. In questo caso gli sprint risulteranno un filo meno veloci e, quelli più lunghi, sarebbe meglio farli su salite un pò meno accentuate: un 10% di pendenza (il classico cavalcavia) andrà più che bene.
Questo lavoro di forza diventa utilissimo, per gli amatori, anche nel caso di una impostazione sul solo lavoro dinamico. Nel caso in cui frequentaste palestre e/o abbiate la possibilità di impostare un lavoro di forza più completo rispetto alla sola pratica degli sprint, l’intera progressione dovrà essere riveduta ed integrata con ciò che verrà svolto staticamente in palestra.
Mi raccomando, non sottovalutate questo ultimo precetto perché è molto importante non sovraccaricare eccessivamente ed avere un lavoro del tutto personalizzato anche sotto questo punto di vista.
Noterete che in questa successione gli sprint vengono proposti dopo un buon riscaldamento, tuttavia non ci sono regole ferree da rispettare in questo caso: se uno è più comodo, per questioni logistiche, a spostare la seduta dopo più tempo (e quindi un riscaldamento più accentuato) o direttamente alla fine di essa, può farlo. È ovvio che dovrà stare un po' più attento alle dosi e all’impostazione.
Se eseguo sprint con un muscolo più stanco, la seduta assumerà una valenza parzialmente diversa nell’ambito del carico e sarà necessario porre più attenzione alle risposte personali.
Suggerisco di non esagerare mai col chilometraggio delle sedute dove vengono inseriti degli sprint: la classiche uscite lente settimanali andranno benone. Una seconda ipotesi potrebbe essere quella di inserirli (sempre dopo un buon riscaldamento), all’inizio (o alla fine) delle sedute più tecniche infrasettimanali (fartlek, variazioni), tenendo ben presente dell’aumento del carico qualitativo totale, che sicuramente risulterà maggiore.
Ecco un esempio molto lineare che tiene conto del solo aspetto neuromuscolare e di cura della forza generica senza spaziare oltre:
PRIMA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 4x8” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
SECONDA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 6x10” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
TERZA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 8x10” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
QUARTA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 10x10” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
QUINTA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 8x12” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
SESTA SETTIMANA:
dopo un buon riscaldamento (almeno 15’), 10x12” sprint massimali in salita fatti seguire dal normale allenamento. Recupero al passo in discesa. 2 volte a settimana.
Per mantenere il risultato ottenuto basterà mantenere 8/10x12” sprint massimali (recupero sempre uguale) per una sola volta a settimana.
CORE-ROUTINE PER SOSTENERE LA PERFORMANCE IN MEZZA MARATONA
A completamento di questa progressione di sprint (sempre per gli atleti che non hanno la possibilità di frequentare palestre o simili) allego il video generico del circuit training per la cura della core stability con la relativa programmazione. Questo, indipendentemente dalla gara obiettivo, è SEMPRE un aspetto da curare poiché è di supporto generico alla prestazione.
Non credo ci sia bisogno di spiegare ad un runner l’importanza di avere un “core" forte nel 2019. Siamo ormai invasi di informazioni da questo punto di vista sia sui giornali, sia sul web.
Voglio invece sottolineare nuovamente ciò che ho già scritto per gli sprint:
Nel caso in cui frequentaste palestre e/o abbiate la possibilità di impostare un lavoro di forza più orientato rispetto alla sola pratica di queste routine, l’intera progressione dovrà essere riveduta ed integrata con ciò che verrà svolto in palestra.
È stato scelto, a scopo puramente dimostrativo, un esempio delle tante possibilità di combinazione dei vari movimenti. La routine si può integrare con altri movimenti in base alle lacune specifiche dell'atleta preso in considerazione e può essere allungata o accorciata in base al grado di fitness in quel momento.
La progressione media potrebbe essere (come già sottolineato nell’altro post dedicato alla 10km):
PRIMA SETTIMANA: 1 serie per due volte a settimana, post allenamento.
SECONDA SETTIMANA: 1 serie per tre volte a settimana, post allenamento.
TERZA SETTIMANA: 1 serie per tre volte a settimana, post allenamento.
QUARTA SETTIMANA: 1 serie per due volte a settimana, post allenamento
+ 2 serie la terza volta (recupero 5 minuti fra una serie e l’altra), sempre post allenamento.
QUINTA SETTIMANA: 2 serie per due volte a settimana, post allenamento (recupero 5 minuti fra una serie e l’altra)
+ 1 serie la terza volta, sempre post allenamento.
SESTA SETTIMANA: 2 serie per tre volte a settimana, post allenamento (recupero 4 minuti fra una serie e l’altra).
Da lì in poi si potrà mantenere il risultato raggiunto rimanendo sulla stessa frequenza settimanale, diminuendo (se si desidera salire un ulteriore scalino), mano a mano, il recupero fra le serie, fino ad un minuto.
A tutta questa “impalcatura di forza” bisognerà associare una routine di allungamento (stretching) per far sì che le fibre non siano solo toniche ma rimangano anche elastiche.
RISCALDAMENTO E DEFATICAMENTO DINAMICI PER UNA 21KM
Qui trovate l'articolo relativo al riscaldamento e defaticamento dinamico che propongo ai runner “frettolosi”, cioè il 99,9% dei runner che ho avuto il piacere di conoscere (d’altronde il tempo a disposizione è sempre poco)!
Lo stretching post-seduta richiede tempo e dedizione, con posizioni di allungamento che bisognerebbe mantenere per almeno 3 minuti per ogni catena muscolare.
Se avete tempo fatelo almeno 3 volte a settimana. Se non avete tempo associate ALMENO la routine che propongo.
Preparazione Mezza Maratona: CARATTERISTICHE RUNNER
(LEGATE ALLA CURA DELLA PERFORMANCE)
Naturalmente, ciò che ho descritto sino ad ora è solo una prima visione generica dell’approccio personale. Infatti esistono altre caratteristiche che, nell’ambito di una personalizzazione, dovranno influire sull’impostazione dei vari periodi.
Quali?
A parte la comprensione del fenotipo di fibra dominante, di cui ho appena parlato, altri dati fondamentali saranno il quantitativo di stress extrasportivo al quale l’atleta è sottoposto durante le proprie giornate e quanto questo quantitativo viene a pesare durante il corso della programmazione degli allenamenti.
Serve quindi una valutazione individuale sotto questo punto di vista.
STRESS EXTRASPORTIVO
Direttamente collegato a questo dato c’è la tipologia di stress/performance a cui egli appartiene, ovvero a quali regimi di stress (bassi?, medi? alti?) riesce a rendere al meglio in una competizione. Questo fornirà una via precisa alla pianificazione.
Un ottimo lavoro da questo punto di vista è stato svolto dall’amico psicoterapeuta dello sport Cesare Picco. Se interessati, consiglio vivamente la lettura del suo libro “Stress & performance atletica” (edizioni psiconline - 2017).
Ho ritrovato nel suo lavoro gran parte di ciò che, a mio modo, stavo già svolgendo coi miei atleti. Trovo le sue ricerche molto preziose in ambito sportivo, per questo le ho integrate, con il suo consenso, anche all’interno del mio libro.
OVERTRAINING E OVERREACHING
Altro dato importantissimo: la capacità di recupero attuale.
Avere coscienza del carico che l’atleta è in grado di sostenere è FONDAMENTALE all’atto della costruzione ed elaborazione di un programma equilibrato.
Ricordate che non esistono atleti in overreaching o overtraining. Non esistono atleti sovrallenati.
Esistono atleti POCO ALLENATI ALLA TIPOLOGIA DI CARICO CHE HANNO AFFRONTATO/SOSTENUTO. Quindi è un problema di comprensione e scelta del carico (e del recupero necessario a renderlo favorevole per l’organismo), non certo del carico in sé.
ALTRE VALUTAZIONI ED ECB
Oltre a questi dati è necessario una valutazione specifica delle capacità condizionali del soggetto: forza, velocità, resistenza, senza dimenticare flessibilità ed elasticità, ciò che io chiamo “terza di mezzo” (qualcuno conosce Tolkien?) fra capacità condizionali e coordinative dello sportivo.
Sarebbe inoltre importante una valutazione dell’aspetto tecnico dell’atleta, ma senza un coach esperto in questo tipo di considerazioni risulterà più difficoltoso orientarsi sotto questo punto di vista. Affidarsi ad un buon allenatore è sempre un’ottima idea.
Come misurare questi dati?
Esistono dei TEST che ho inserito nel primo libro sull’Estensione delle Caratteristiche di Base che, a breve, sarà disponibile per tutti gli sportivi interessati.
Ho messo tutta la mia passione e la mia conoscenza, nero su bianco, in un testo che vuole aiutare lo sportivo a comprendersi ed allenarsi al meglio, al fine di ottenere il massimo dalle proprie performance, che sia egli un runner o un triatleta.
Il lavoro sarà suddiviso in due pubblicazioni: una sulla fisiologia e sulla teoria dell’allenamento, che comprende anche tutti i test necessari a comprendere le caratteristiche, uniche ed inimitabili, di ogni atleta.
La seconda, che uscirà più avanti, sulla pratica e sui mezzi allenanti veri e propri.
Le due parti si completano: una perfeziona ed integra l’altra.
Preparazione Mezza Maratona: PERCEZIONE DELLA FATICA
MARKER FISICI E MENTALI
Se torniamo ad esaminare il modello prestativo della mezza maratona potremo scoprire che, in questa gara, il coinvolgimento mentale assume un picco piuttosto intenso, in genere, dopo il quindicesimo km.
Quindi abbiamo una percezione della fatica più intensa e diluita nell’arco degli ultimi 5/6 km di gara.
Questo la differenzia in modo piuttosto netto dalla condotta di gara di una 10Km che, in genere, ha negli ultimi 2,5/3 km il proprio picco di affaticamento fisiologico più marcato.
Vediamo più in specifico quali sono i motivi della fatica, ovvero i vari “marker” fisiologici in questi ultimi chilometri di gara, noterete che sono tutti associati:
- Microlesioni delle fibre muscolari provocate non solo dalle contrazioni ma anche dai danni da impatto ripetuto con il terreno.
- Risposta nervosa più lenta poiché il sistema nervoso nel frattempo si è affaticato. L’implicazione più diretta è una difficoltà più marcata di contrazione da parte della fibre già “stanche”. Questo si accompagnerà ad un….
- Richiamo in aiuto di fibre più veloci e meno resistenti con un…
- Relativo innalzamento del quantitativo di lattato ematico. Questo avviene proprio a causa del coinvolgimento nel gesto di questa tipologia di fibre (forte consumatrice di glicogeno e produttrice di lattato). Quindi avremo anche un…
- Innalzamento del relativo consumo di glicogeno muscolare.
Questa serie di eventi provocano una risposta centrale (da parte del cervello), che aumenta anche la percezione mentale della fatica.
È un po' il gatto che si morde la coda. Ed ecco perché anche in allenamento occorre ricercare queste sensazioni “sgradevoli” per abituarsi a gestirle al meglio.
In uno dei prossimi post, analizzerò in specifico i meccanismi mentali della fatica, che, a parer mio, rimangono un aspetto interessantissimo non solo della fisiologia dello sport, ma di quella generale dell’essere umano.
NON DIMENTICATE CHE: STRESS LAVORATIVO, SOCIALE e FAMIGLIARE …SONO ANCH’ESSI DEI MARKER DELLA FATICA. NON SOTTOVALUTATELO MAI. Una corretta gestione dell’allenamento ne tiene SEMPRE conto.
Preparazione Mezza Maratona: TATTICA DI GARA
Per quanto riguarda l’aspetto tattico vero e proprio di una mezza maratona, tendo a non fare grosse differenze rispetto alla 10 km, per questo vi invito a leggere ciò che ho già scritto per l’organizzazione tattica di quella gara e sui tre modi fondamentali in cui è possibile affrontarla. Trovate qui l'articolo sui 10 km.
Preparazione Mezza Maratona: PASSO E FC
Consiglio, ai runner meno esperti, di inquadrare sempre allenamenti e gare anche con il monitoraggio della propria frequenza cardiaca oltre che della sola velocità di passo al km.
Sottolineo che comprendere il funzionamento del proprio apparato cardiaco sotto sforzo rappresenta un grande aiuto per la performance.
È un parametro con cui il triatleta, per esempio, è già più abituato a convivere, mentre nel runner “puro” questa fiducia nella frequenza cardiaca spesso manca (insieme alla voglia di indossare la fascia cardio!).
In risposta a questa situazione ricordo che il passo rimane un parametro esterno, una velocità che non ci fornisce quanto il nostro corpo è impegnato veramente in quel momento.
Due atleti, a parità di velocità di passo, possono essere in condizioni di impegno metabolico completamente differenti. La frequenza cardiaca è un parametro che inquadra invece questo impegno.
Siamo tutti diversi e ognuno ha una risposta unica e peculiare ad uno stesso stimolo.
Ecco perché non mi spingo oltre nei consigli.
Fornire tabelle generiche, dal mio punto di vista, è un modo per unire sotto uno stesso tetto tanti esseri potenzialmente diversi. Non mi piace questo approccio e, se posso, lo evito.
La cultura degli aspetti fisiologici legati alla preparazione e una fortissima personalizzazione sono la chiave di un buon orientamento all’allenamento. Credo che i tempi delle tabelle generiche su internet e sui giornali, degli infortuni per mancanza di conoscenza specifica e degli approcci approssimativi, debbano gradualmente scomparire, lasciando spazio a sportivi sempre più informati su ciò che fanno, sempre più coerenti di loro stessi, sempre più colti e connessi a ciò che serve realmente per portare le loro caratteristiche, le loro unicità, alla massima espressione fisiologica.
Preparazione Mezza Maratona: ECB
L’ Estensione delle Caratteristiche di Base rappresenta un'impostazione fondata su questi aspetti, fondata sulla cultura di ciò che serve ad ognuno nello specifico per migliorare, sulla comprensione delle proprie (ed uniche) caratteristiche, al pro di estenderle, migliorarle.
È chiaro che, dall’altra parte della barricata, servono sportivi pronti ad usare il cervello e a lasciare la pigrizia altrove.
Tanto è sempre una questione di pigrizia.
Chi desidera tabelle generiche che “più o meno" possano fare al caso, è perché non ha voglia di comprendersi, studiare, documentarsi e pensare a come strutturare i propri miglioramenti.
Non c’è nulla di male in questo, per carità.
Ma è anche necessario capire che la stragrande maggioranza di prestazioni scadenti, infortuni e problematiche di vario tipo è dovuta proprio a questo tipo di approccio più statico ed indolente.
Forza allora!
À la prochaine
Tecnico Federazione Italiana Atletica Leggera. Tecnico Federazione Italiana Triathlon. Personal Trainer specializzato nel fondo e mezzofondo. Studioso di fisiologia del corpo umano e dello Sport