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La settimana scorsa abbiamo cominciato a parlare di salita e abbiamo chiarito il concetto di sprint in salita: la base, il fondamento, uno dei mattoni più pesanti della casa atletica del runner e del triatleta.

Abbiamo visto tutto ciò che riguarda questo mezzo allenante: da cosa è, a come si fa fino a cosa succede nel nostro corpo MENTRE si fa.

Oggi facciamo la stessa cosa, allungando le distanze: ripetute, medi, fartlek, lunghi collinari, etc etc.

Parleremo alla fine anche di discesa e di come correre in discesa.

Cominciamo.

COME PROCEDERE DOPO GLI SPRINT IN SALITA?

Innanzitutto mi collego ad una domanda che molti atleti mi hanno posto via mail. Da questa poi mi ricollego al discorso principale.

La domanda è:

“Daniele come trasformo gli sprint in salita mano a mano che vado avanti nella preparazione delle gare classiche di fondo: 10km, mezza e maratona?”

Dunque: intanto attenzione, perché gli sprint sono uno stimolo che terrei differenziato dal resto.

Come poi abbiamo già visto nel video precedente, lo sprint serve a dare una svegliata a diversi aspetti del nostro organismo, quindi, per l’amatore, dopo aver fatto una base decente di carico con questo mezzo allenante non è sbagliato mantenere una routine di sprint anche breve: una volta a settimana, proprio per conservare un accento su certi aspetti fisiologici.

OPZIONE UNO - LAVORI DI SUPPORTO IN PISTA

Ripetute in salita parte 2: sprint in pista

Un’opzione potrebbe essere andare in pista e portare sul piano il lavoro fatto con gli sprint in salita, trasformandoli mano a mano in velocità con intervalli sempre più lunghi, da 200 poi da 300, 400 mt. etc.

Sono i lavori principali per un mezzofondista mentre diventano di supporto per il fondista perché vanno ad affiancare il “lavoro più grosso” che si fa per il ritmo gara che interessa, cioè il ritmo gara 10km o 21km.

Però occhio.

Perché molti atleti, con i lavori più veloci, vanno in forma in fretta.

Quindi bisogna stare attenti nell’introduzione e nella gestione di questi intervalli veloci in piano se non ci si conosce bene, perché il rischio è quello di toccare picchi di forma prima di quando programmato e arrivare più scarichi alla gara che interessa.

È ovvio che non per tutti è così.

Conoscendo i miei atleti, quelli che so rispondere in fretta a questi stimoli li faccio lavorare diversamente: sempre intervalli di supporto, sempre cercando di allungare gradatamente le percorrenze, ma in salita.

Perché? Perché col lavoro intervallato in salita vado a fare ciò che viene definito un lavoro non specifico sul lattato.

OPZIONE DUE - LAVORI DI SUPPORTO IN SALITA

(Lavori non specifici sul lattato)

Mi spiego:

se faccio velocità in piano, vado a richiamare direttamente una grossa percentuale delle fibre che normalmente uso per la mia corsa. Quindi alzo il tenore di lattato prodotto proprio da quelle fibre.

Questi lavori danno un ottimo stimolo centrale, al sistema nervoso e al cuore, aumentano il pompaggio, la risposta migliora e questo insieme di aspetti fa salire rapidamente la forma generale.

Però è anche vero che, facendo questo, se non sto attento nelle dosi, sposto piano piano queste stesse fibre verso una capacità differente da quella che mi interessa primariamente nelle gare di endurance.

Questa capacità si chiama CAPACITÀ ANAEROBICA. Senza star tanto a perder tempo in definizioni, molto semplicemente, diciamo che abituo le mie fibre a produrre e a convivere col lattato…che, alla fine dei conti, se nel mezzofondo (gare corte) rimane un aspetto importante, non è ciò che realmente mi interessa in una gara di fondo, dove invece è fondamentale che le mie fibre siano abili a smaltire il lattato prodotto.

Ecco perché spostare questo tipo di lavori in salita.

In salita, fra le altre cose che vedremo dopo, si va a fare un lavoro non specifico sul lattato proprio perché, col fatto che devo usare più forza per salire e quindi fibre ulteriori, fibre diverse rispetto a quelle che uso in piano, sono proprio QUELLE fibre che non sono abituato ad usare che vanno a produrre più lattato ed in questo modo insegno alle altre, cioè quelle che sono già abituato ad usare, a gestirlo.

Quindi siamo comunque di fronte a produzione di alti volumi di lattato, ma più facilmente convertibili ad essere usati aerobicamente, che è quello che ci interessa per migliorare nelle gare di fondo.

Chiarita questa immagine generale, spero di aver risposto concretamente a chi mi chiedeva cosa fare dopo gli sprint a livello di lavori di supporto, introducendo le due tipologie principali di via da percorrere.

Corsa in salita:
SUDDIVISIONE DEI LAVORI

 

Ripetute in salita parte 2: allenamenti

Come si dividono questi lavori? Quelli più brevi sono in generale delle variazioni di ritmo, poi, in base a come vengono interpretate, a livello di letteratura, possono assumere vari nomi: INTERVALLI, RIPETUTE, FARTLEK COLLINARE e così via.

Descriviamoli singolarmente.

Il lavoro ad intervalli

Presume impegni molto intensi alternati ad un recupero di solito defaticante, quindi lavoriamo al di sopra della soglia del lattato, negli ultimi battiti del range di frequenza cardiaca, per poi cercare un abbassamento dei battiti del cuore, una sorta di ginnastica cardiaca. In questo modo facciamo convivere in genere velocità molto diverse lungo un percorso continuo. Quindi una bella salita collinare lunga oppure un percorso misto di saliscendi. In questo modo aumentiamo la convivenza fra fibre e lattato e alleniamo il nostro massimo consumo di ossigeno.

Ripetute in salita

Si va a parlare di ripetute in salita invece quando si sale per i metri della ripetuta e poi, in base alla tipologia di recupero che volgiamo dare o si recupera in discesa oppure da fermi. Si parte dagli sprint, in questo caso, fino al chilometro o anche più.

Per cosa le si usa? Di solito per agire in soglia o attorno alla soglia, come in piano sommariamente, con la differenza che l’impegno muscolare è più intenso e quindi lavoriamo in modo più accentuato con la resistenza muscolare.

Qual è il problema principale dell’impostare delle buone ripetute in salita? È avere una salita abbastanza lunga innanzitutto.

Fartlek collinare

Ecco perché molto spesso diventa più comodo impostare un lavoro di fartlek collinare adattando gli stimoli al percorso. Il fartlek è una tipologia di mezzo allenante molto più libero a cui si da spazio ad una interpretazione meno “bloccata" delle salite.

Io molto spesso affido fartlek collinari ai miei atleti dicendo: “fate questo percorso e tirate forte le salite gestendo le discese in souplesse” (e in questo modo richiamo l’interval training), oppure “fate le salite a ritmo gara e sui piani e in discesa cercate un impegno più gestibile e simile alla corsa lenta”, per esempio (e in questo modo richiamo un impegno più simile alle ripetute).

Conoscendo il percorso della salita che si andrà a fare è possibile gestire e, perché no, anche mischiare questi tipi di lavori per operare su aspetti particolari come accumulo e smaltimento di lattato per esempio.

Vogliamo allungare ulteriormente la distanza? Ecco che possiamo introdurre la corsa media in salita.

Il medio in salita

È un allenamento fantastico per un po' tutti gli atleti che devono preparare gare lunghe, dal 10mila alla maratona, per intenderci.

Lavora sulla capacità aerobica dell’atleta, sull’accumulo e lo smaltimento del lattato ematico, richiamando sempre l’aspetto muscolare in maniera più evidente rispetto ad un medio in piano.

Il progressivo in salita

È un altro mezzo molto allenante per l’atleta di endurance, perché va a richiamare velocità diverse che, come il medio, alla fine, vanno a giocare sulla soglia del lattato e il suo smaltimento.

Allunghiamo ancora?

Il lungo collinare

Accentua ulteriormente questo aspetto muscolare, lavorando con accumuli di lattato meno importanti ovviamente, con risvolti molto positivi (sul lungo periodo) sull’adattamento delle strutture tendineo/legamentose ed articolari.

Questo perché un lungo, proprio per concezione, impone all’atleta di stare sulle proprie gambe per tempistiche superiori ad una uscita normale.

Corsa in salita:
UN USO AMPLIFICATO DELLA CATENA MUSCOLARE POSTERIORE

Ripetute in salita parte 2: catena cinetica posteriore

Vedete che tutti questi lavori, anche i più veloci, hanno una parte muscolare come evidenza in comune.

Vi sarà capitato di avere le gambe imballate il giorno dopo una salita lunga. È abbastanza normale proprio a causa di questo maggiore coinvolgimento dal punto di vista organico/muscolare.

Ma come si sottolinea questo fatto? Ci sono delle evidenze scientifiche che provano un uso amplificato di certi muscoli?

Sì. Ce ne sono parecchie.

Io sono filo-italiano e fra le tante voglio richiamare uno studio del 2017 dove ci sono in mezzo anche degli scienziati italiani, i dott. Vernillo e Giandolini, lascio il link nelle info in fondo al post come esempio di ricerca a riguardo.

LINK 1: (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27501719) ricerca di Giandolini

LINK 2: (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15879076) ricerca di Roberts

Ebbene è stato dimostrato che a lavorare in modo molto maggiorato rispetto al solito sono i muscoli della catena posteriore: polpacci, ischiocrurali, glutei, lombari, in generale gli estensori dell’anca. Questi muscoli arrivano a lavorare più del 40% rispetto alla loro azione sul piano.

Ma questo è solo il primo aspetto da sottolineare se parliamo di impegno muscolare in salita. C’è un secondo aspetto.

Corsa in salita:
RESISTENZA MUSCOLARE LOCALE

Più allunghiamo la distanza da percorrere in salita, più si allungano i tempi di contatto al suolo dei piedi.

Questo perché in salita, come ho già detto più volte, è necessario spingere il peso del proprio corpo verso l’alto, letteralmente sollevarlo, oltre a spingerlo in avanti.

Questi tempi di contatto al suolo amplificati obbligano le fibre muscolari a lavorare con una contrazione più lunga, che riduce l’afflusso di sangue alle fibre rispetto alla corsa in piano e, in generale, causa una percezione della fatica più importante e soprattutto anticipata.

È quella che in gergo più tecnico viene definita una maggiore “resistenza muscolare locale”.

Sapete che i vasi sanguigni irrorano e pervadono i nostri muscoli, i capillari si trovano in mezzo alle fibre, circondati e sovrastati da esse.

Quindi se stiamo di più per terra coi piedi, come capita in salita, si crea una tensione muscolare di base più continua e prolungata. I capillari sono più costretti, Il sangue, alla lunga, circola molto meno.

Provate ad appoggiare una mano sul tavolo e toglierla subito dopo spingendo su di esso in pochi decimi di secondo…e poi ad appoggiarla e tenerla più a lungo facendo la stessa cosa.

La tipologia di contrazione che si crea è diversa, è diversa la risposta nervosa, è diverso l’input che si da in generale.

Quindi in salita più si allungano le percorrenze più si tende a perdere velocità di contrazione a favore della resistenza di contrazione.

Ed è abbastanza semplice il pensiero direttamente collegato: lavorare sulla resistenza è diverso rispetto a lavorare sulla velocità.

Corsa in salita:
COME MIGLIORARE

Ci sono dei modi per migliorare la corsa in salita? Certo che ci sono.

Perdonate la banalità: per migliorare la corsa in salita… correre in salita rimane sempre il miglior modo.

Tuttavia si può fare un lavoro mirato di forza di base.

Questa tipologia di lavoro, più che per il runner comune (a cui non farà male di certo!), sarà utile per quello che pratica trail o skyrunning, per esempio.

Tutti gli esercizi che fanno lavorare la muscolatura posteriore in parziale ischemia, che mettono alla prova la resistenza muscolare locale della catena posteriore potrebbero essere molto utili. Le ripetizioni molto lente e controllate, le isometrie, insomma tutto quello che lavora la resistenza a basse velocità di esecuzione.

Adesso potrei elencarvi tutti gli esercizi, ma cerco di essere il più pratico possibile.

Volete una soluzione più semplice e veloce?

Andate in bici in salita. 58/60 pedalate al minuto, buona spinta, salite abbastanza importanti e farete un ottimo potenziamento anche per il running.

E oltretutto lavorerete anche a livello aerobico. Quindi una uscita in meno di corsa e una bella scalata in salita in bici, magari in mountain bike, come potenziamento.

A proposito di salita… Siamo saliti fino in cima a questo argomento ormai, adesso bisogna scendere.

Corsa in salita:
LE DISCESE - IMPATTO SUL NOSTRO CORPO

Ripetute in salita parte 2: impatto discese

Quando si scende, la corsa, almeno inizialmente, è più facile perché la gravità sta facendo tutto il lavoro che prima era a carico dei muscoli.

Il rovescio della medaglia è che l’impatto al suolo è nettamente amplificato proprio dalla gravità.

Quanto? Parecchio.

Le forze di impatto naturalmente mutano in base alla tipologia di discesa e alla percentuale di pendenza e possono arrivare fino a 4 volte il proprio peso corporeo. Mediamente siamo quasi al doppio.

Se salire richiama una tipologia di contrazione muscolare prettamente concentrica, in spinta costante, in cui le fibre muscolari si accorciano per generare forza, scendere ne richiama una prettamente eccentrica, che è più o meno all’opposto.

In questo caso il muscolo deve sviluppare una tensione ma anche allungarsi.

È una tipologia di contrazione che sviluppa più forza in generale ma è anche molto più pericolosa per il muscolo perché lo mette in una situazione in cui deve fare due cose difficili nello stesso momento: l’allungamento e la contrazione.

L’apice di questa contrazione eccentrica è proprio la frenata.

La cosa più normale che un atleta fa in discesa è frenare.

Quindi oltre all’impatto bisogna aggiungere la forza frenante che viene applicata.

Entrambi questi stimoli devono essere assorbiti da qualche parte: i quadricipiti sono i veri freni, quelli che più subiscono la forza frenante, mentre l'impatto è più o meno distribuito in maniera uniforme attraverso muscoli, tendini, articolazioni e ossa delle gambe.

Attenzione però, perché scendere con la gamba rigida e tesa, senza ammortizzare bene con caviglie e ginocchia, crea una onda d’urto che potenzialmente può arrivare a trasmettersi e coinvolgere addirittura il collo e la zona cervicale.

Come fare allora a gestire questo ambaradam di stimoli negativi?

Bisogna fare attenzione a come si affronta una discesa e, con la dovuta gradualità, allenare questo aspetto. Correre in discesa è un arte allenabile.

Corsa in salita:
COME AFFRONTARE LE DISCESE - CONSIGLI

Ripetute in salita parte 2: discese consigli

Partiamo da cosa NON fare: il modo più normale di affrontare una discesa, cioè un atteggiamento arretrato, tesi, in protezione, con le spalle indietro, è il modo peggiore in assoluto perché fornisce poco controllo sulla corsa e porta solo a frenare, sovraccaricando i quadricipiti, che NON ringrazieranno nei giorni successivi.

Come fare: correre il più possibile rilassati. Spalle, collo, braccia, rilassate. L’atteggiamento migliore è attaccare, non frenare, cercando di mantenere un appoggio il più possibile simile alla corsa in piano, quindi anche una postura che accompagni la discesa: busto e bacino perpendicolari al piano di appoggio, baricentro in avanti in modo naturale. Senza paura.

Il piede dovrebbe toccare il suolo con la sua porzione mediale, non di tallone, in questo modo avremo un buon lavoro in assorbimento delle articolazioni di caviglia e ginocchio ed una buona restituzione elastica a livello tendineo e muscolare.

Detta così sembra facile, lo so.

Non lo è.

Bisogna mettersi lì e provare, senza aver fretta di fare tutto benissimo, caso mai in modo più lento e controllato magari proprio scendendo dopo aver affrontato le salite collinari degli allenamenti di cui abbiamo parlato prima.

Cosa può aiutare: la cosa migliore sarebbe allenarsi su un terreno erboso. Anche salire su un terreno erboso sarebbe la cosa migliore, ma mi rendo conto che già per molti è difficile avere a disposizione una salita di 200 mt, figuriamoci delle colline con campi e sentieri adatti, su cui correre. Ci sono, per carità, ma per chi abita in città spesso non sono facili da raggiungere.

Se le avete a disposizione buon per voi: usatele. Se non le avete, una scarpa bene ammortizzata potrebbe servire.

Cerchiamo di non fare troppe discese quando siamo già affaticati, per esempio alla fine di un lungo o il giorno dopo un allenamento tosto, perché i muscoli stanchi non rispondono bene alle sollecitazioni e il rischio infortunio aumenta esponenzialmente.

In generale, bisognerebbe smettere di considerare la discesa un nemico di cui aver paura e cercare di avere un atteggiamento propositivo, correrla il più possibile rilassati cercando piano piano di impostare una tecnica corretta di approccio.

Bene signori, abbiamo affrontato queste due puntate dedicate alle salite e siamo arrivati alla conclusione. Da parte mia, spero come sempre di essere stato utile ed esauriente.

Qualora aveste richieste o domande di vario tipo su questi argomenti rimango come sempre disponibile nei commenti.

Vi saluto e vi auguro un buon allenamento!

A presto.