Ovvero: la verità è (s)comoda come una scarpa NIKE.


(ATTENZIONE: ciò che scrivo è un semplice modo, dopo tante richieste, per cominciare a fare un po’ di chiarezza sull’approccio a queste calzature e ogni commento ed esperienza a riguardo non farà che arricchire questo approccio. Quindi, al termine del post, sentitevi liberi di esprimere in modo garbato -se possibile- ogni vostro pensiero. Detto questo ricordate che stiamo parlando di quisquilie. Per correre ci vogliono gambe e testa. Chi corre veramente si preoccupa della torta, non della ciliegina. E qui parliamo della ciliegina).


PREMESSA BIOMECCANICA

Cercherò di essere semplice nell’esposizione, anzi, perdonatemi se alcuni passaggi potranno apparire banali, spero che i puristi non si offendano, vorrei solo che i concetti fossero SEMPLICI e CHIARI per tutti, quindi a costo del linciaggio mi butterò verso ciò che ritengo possa esemplificare al massimo la questione.

Prendete una MOLLA.

Flettetela e lasciatela andare.

Noterete che più la molla è rigida più la risposta sarà rapida e più la flettete più restituirà forza al suo ritorno allo stato normale.

Meno è rigida più ci sarà latenza nella risposta e dispersione di energia. 

Sostituite la molla con il vostro piede.

Ogni volta che toccate il terreno il piede flette. Se i muscoli del piede (e, in seconda istanza, del polpaccio, della coscia, del bacino, etc) non sono allenati, non sono “tonici e pronti” come quella molla, avrete latenza nella risposta e dispersione di energia.

Un atleta deve quindi preoccuparsi di allenare la propria muscolatura con gli esercizi giusti per essere in grado di rispondere a questo tipo di richiesta biomeccanica.

È tuttavia indubbio che anche un aiuto dall’esterno può essere dato.


COME?

Innanzitutto attraverso lo studio della biomeccanica. Ovvero la prima fonte di investimento (insieme ai materiali) di tutte le aziende che si occupano di sport (e non solo!).

Materiali, spessori, inclinazioni e forme diventano il nucleo di supporto al moto del nostro corpo.

Parliamo di corsa e più specificamente di PROPULSIONE e ragioniamo:

le dita dei piedi, nel movimento propulsivo, sono un aiuto o un intralcio?

Ve lo dico io: sarebbero un aiuto solo nel caso aggiungessero ulteriore impulso.

Eccome se ci aiuterebbero. Ed è quello che normalmente fanno in un piede allenato.

La realtà è un filo diversa.

Le falangi impongono una ulteriore flessione al segmento piede, quindi creano anch’esse latenza.

Di conseguenza, o sono allenate a “rispondere” oppure, soprattutto per la scienza del movimento, diventano come impiccati penzolanti da una forca, stessa efficacia.

Passiamo dalla teoria alla pratica: nel mondo di oggi praticamente NESSUNO usa le dita dei piedi.

È inutile perderci tanto tempo a pensarci, è evidente: la maggior parte delle calzature che indossiamo non ci fa usare la muscolatura delle dita e limita al massimo anche quella dei piedi.

Amici… è così.

E non possiamo certo decidere da un momento all’altro di camminare scalzi tutto il giorno, oppure metterci a fare sollevamento pesi con le dita, perché avremmo una percentuale di CADUTI micidiale in pochissimo tempo. Per allenare un “corpo morto” (perché di questo si tratta in molti casi) ci vuole tempo. E, o il tempo ce l’avete, oppure, semplicemente, bisogna prendere atto della propria situazione (ognuno ne avrà una particolare) e al massimo nel proprio piccolo decidere di fare qualcosa in merito.


Detto questo, ANCHE NO.

“A me i miei piedi mi vanno benissimo così” è un pensiero rispettabilissimo!

In ogni caso stiamo parlando di decisioni INDIVIDUALI, non di massa.

Siccome alla NIKE invece si preoccupano di decisioni di massa, hanno studiato e compreso come, a livello biomeccanico, possa essere utile “togliersi le dita dalle scatole”.

La facciamo breve?

SPINTA METATARSALE.

Tutto si ferma li.

Il metatarso è l’ultima cosa che deve spingere in rullata.

Giusto? Sbagliato? Eticamente c’è qualcosa che non torna.

Ma qua siamo alla pratica: risultati, ecco cosa vuole l’essere umano medio.

Guardate le scarpe che usano in pista: secondo voi si preoccupano delle dita dei piedi? No.

Ripeto: dita = ulteriore latenza.


[FUORI ONDA: ricordo che i soggetti della recensione sono 2 paia di scarpe…dategli un’occhiata. Mi concederete che attivare il piede con 3 centimetri di para di gomma sotto è IMPOSSIBILE. È ovvio che stiamo parlando di un’estremità (il piede) che nella politica della NIKE in questo caso viene ridotta a semplice leva meccanica… una protesi, per intenderci].


Torniamo alla molla: non si tratta solo di dita o di piede. Ma più in generale di corpo.

Avete la muscolatura necessaria per una propulsione tipo “molla”? Se siete runner che corrono e gareggiano la domenica per puro piacere e durante la settimana avete lavoro, famiglia, figli, etc etc… niente di più improbabile.


Ecco allora la richiesta sempre più pressante di una tipologia di calzature con forma, inclinazione e reattività che possa almeno parzialmente riempire queste mancanze.


Vi dico la verità… io tutta sta differenza fra ZOOM FLY e VAPORFLY non l’ho trovata.


Quando parlo di differenza intendo “differenza per un utente medio”.

È ovvio che se andate fortissimo la differenza la potreste sentire. Ma sapete… non me la sento di consigliare una spesa di 100 euro in più per un velo di carbonio. Perdonatemi.


Torniamo indietro.

ZOOM FLY e VAPORFLY sono dure, toniche. Sembra di avere dei binari di gomma rigida sotto ai piedi.

La verità è che la rigidità è solo momentanea, quando ci si corre la sensazione cambia, la mescola si scalda e cominciano a sembrare molto più morbide di come sembravano da ferme.


NOTA BENE: prima ho usato il termine “binari” perché i piedi fanno quello che vuole la scarpa, non è certo il contrario. La forma di queste calzature impone un’impostazione ben precisa.

Sono fatte a cucchiaio, chiamiamola “variante della filosofia della calzatura da pista applicata alla strada”.

Se ci camminate ad un certo punto della rullata sentite quasi di cadere in avanti.

E servono esattamente a questo, spingervi in avanti.

E siccome alla NIKE si occupano di decisioni di massa, hanno deciso da subito di togliersi anche l’eventuale “problema tendine d’achille”, un muso del podista, piazzando un drop da quasi 12 mm.

12 mm. di differenziale fra tacco e punta (misurato personalmente sulle paia in mio possesso).

Due piccioni con una fava: problema tendine eliminato, inclinazione in avanti accentuata.


A questo punto però sopraggiunge il problema AMMORTIZZAZIONE.


Il runner medio corre su strada, cemento. Il cemento è un materiale duro, NON ASSORBE ENERGIA, la restituisce e basta.

Se corressimo con scarpe dure su superfici dure tutto il lavoro di ammortizzazione sarebbe a carico di articolazioni, tendini, legamenti, muscoli.

Si conterebbero “morti” a migliaia, quotidianamente. Direttamente proporzionali ai km fatti.


Da qui ecco la vera sfida di NIKE: trovare una gomma che funzioni da “dispersore” senza… disperdere troppo.


Un po’ il lavoro che fa il materiale della pista di atletica: disperdere quel tot di energia che permetta agli atleti di correrci con calzature rigide e dure, che aiutino la propulsione, limitando al massimo la possibilità di infortunio.


Ecco allora lo ZOOM X per la Vaporfly, il materiale delle meraviglie: grande ammortizzazione e 80% di ritorno di energia sul tallone, circa il 77% sull’avampiede.

ZOOM più economico per la Fly, fatto di materiale un filo più proletario, più precisamente di 100 euro più proletario. Resa leggermente inferiore (ci dicono così, ma siamo certi che per la velocità che abbiamo la resa sia inferiore?!).


TRE CENTIMETRI E MEZZO di materiale sul tallone, DUE E ROTTI SULL’AVAMPIEDE… tanto per essere sicuri del suo lavoro.


A questo aggiungeteci la placca di carbonio inserita nella suola della Vaporfly e quello della placca di nylon infuso in carbonio (sempre più proletario) nella suola della Zoom Fly. Ulteriore spinta.

Insomma: FORMA, SPESSORE, AMMORTIZZAZIONE e RESA ENERGETICA.

BINGO.

Ma a quanto bisogna andare forte per “attivare” questo ben d’iddio e per sentirne realmente i benefici?


I FATTI

Sarete d’accordo con me che Eliud Kipchoge e gli atleti Nike usati per i test con queste calzature vivrebbero benone anche senza tutta questa tecnologia ai piedi.

Vogliamo dire che correrebbero comunque forte anche con le scarpe del dopolavoro?

E diciamolo.

Non solo: io quel giorno del Breaking 2 avrei voluto dare un paio di scarpe normali a Eliud.

Così, giusto per vedere quanto realmente gli hanno fatto guadagnare quelle che aveva ai piedi. 

Nike afferma che la VAPORFLY, nel suo insieme, permette un risparmio nell’economia di corsa FINO AL 4%. Quindi a parità di velocità si potrebbe essere FINO AD UN 4% più economici nei consumi.


Nike Vaporfly 4%

Questo vale per i test fatti sugli atleti NIKE: runner da 3’ ai 3’20” al km in maratona.

Stiamo parlando di atleti già ottimizzati nel gesto e nella muscolatura, che sfruttano la calzatura al massimo delle potenzialità.


E un amatore?

Sembra abbastanza ovvio affermare che più siete abituati ad andare forte più DOVRESTE sentire il beneficio dell’intervento della calzatura a livello di economia di corsa.

Al rallentare del passo infatti, come da comunicazione ufficiale Nike, l’aiuto della calzatura diminuisce proporzionalmente.

Ricordate l’esempio iniziale della molla? Più forza applicata, più ritorno di energia.


E per uno che per esempio corre a 4’ al chilometro o poco sotto?

Ammesso e non concesso che OGNUNO È UN ESSERE A SÉ, e che una scarpa è più o meno come un profumo, quindi semplicemente “ce lo sentiamo bene o male” per una serie di incroci del tutto soggettivi…

in che modo queste scarpe possono aiutarmi se affronto una gara o un allenamento a velocità “umane” e non da atleta d’élite?


Vediamo un caso classico.

Runner con muscolatura poco tonica, oppure muscolatura “presente” ma (in entrambe i casi) risposta neuro-muscolare scarsina.

Vado bene sui piani a velocità più o meno costanti ma negli allunghi sono piuttosto lento. Ho falcata in genere ampia e bassa frequenza di passo (152/172 appoggi al minuto), a questo accompagno una scarsa cura dell’allungamento in generale.

Molti di questi atleti potrebbero anche muscolatura potente, ma comunque con tempi BIBLICI di appoggio al suolo, quindi torniamo a sottolineare una risposta neuromuscolare poco allenata.


Come potete notare ho tracciato immagini ben precise… se vogliamo piuttosto “popolari”, in molti si riconosceranno.


Questa tipologia, scarpe o no, avrebbe in ogni caso un buon beneficio in termini di passo se curasse di più l’aspetto legato alla forza dinamica/risposta specifica… Come provarlo?

Solo… provando purtroppo!

Al termine di una serie di allenamenti mirati al miglioramento di queste caratteristiche (SENZA queste calzature indosso!) bisognerebbe riprovare le scarpe e testare le nuove sensazioni che provocano.


Continuano a darmi beneficio o il beneficio è minore?

Ebbene temo più la seconda.

Più che altro perché ho avuto parecchi riscontri in merito.


Veniamo alla sponda opposta. Cioè a tutti quei runner (sempre non esageratamente veloci) che affermano di non trarre particolari benefici da questo tipo di calzature.

Stiamo parlando di atleti evidentemente con carenze muscolari molto meno evidenti, magari che a parità di passo (rispetto al primo gruppo) hanno caratteristiche più brevilinee, con corsa quasi sicuramente più economica, gesto ottimizzato, e probabilmente una alta frequenza di passo (da 172 appoggi al minuto in su), in questo caso infatti, è molto più probabile (ma non certo per tutti!) che questa tipologia di calzature non sia di grande aiuto rispetto ad una qualsiasi altra: a velocità intorno ai 4’ al km lo spessore della gomma potrebbe agire da “rallentatore” in una risposta nervosa “pronta” soprattutto in gare brevi (intorno a questa velocità si intende). Una classica “flat” in questo caso potrebbe essere una scelta più azzeccata.


In generale, per entrambe le categorie (mi perdonino tutte le altre se mi concentro in particolare sul “grosso”) ZOOM FLY e VAPORFLY potrebbero essere più di aiuto in gare un filo più lunghe (mezza, maratona), soprattutto verso la fine, quando il gesto non è più ottimizzato, il muscolo è stanco, la risposta nervosa ha più latenza.

Ecco che in questo caso “i binari” potrebbero aiutare e la spinta naturale delle scarpe sarebbe apprezzata.


E quelli un po’ più veloci…?

Va be’, se correte a 3’30” al km il discorso cambia un filo. La spinta che imprimete è maggiore e di conseguenza anche la risposta lo è.

Ma anche qui, mi perdoneranno i venditori NIKE ma mi permetto di consigliare ancora ZOOM FLY piuttosto che VAPOR poiché anche a questa velocità cambia poco.

Al di sotto invece ho riscontrato, sia personalmente, sia attraverso l’aiuto di altri atleti, “un filo” più di differenza… permettetemi la battuta: forse 40 euro di differenza… non 100.


Nike Zoom Fly

Un’ultima considerazione:

secondo voi… perché alla NIKE mettono queste scarpe ai piedi di Kipchoge e nei test che rendono pubblici usano solo atleti che “viaggiano” e non dei ragazzoni che corrono col walkman, le cuffie in testa… o dei maratoneti da 3 ore e 30?


Devono dimostrare dei concetti assoluti che solo così sono dimostrabili.

Devono VENDERE.


LA POTENZA DELLA PUBBLICITÀ

“Questa scarpa fa correre più forte il tal atleta QUINDI PER FORZA FA CORRERE FORTE ANCHE ME”.

Questo è il concetto commerciale alla base.

Funziona così per tutta la pubblicità.

Prima si lavora sulla testa.


D’altronde mettono Naomi Campbell a darsi le creme antirughe che non ha una ruga neanche se gliela disegni… ci sarà un motivo no?


Il giorno in cui NIKE farà dei test ufficiali dove metterà una scarpa ai piedi di un agente di commercio di 80 chili che corre 2 volte a settimana e dimostrerà di farlo correre ai 3’40” in un 10k… ecco… quel giorno, ammesso che mai arrivi, allora forse le premesse saranno differenti.


Fino ad allora i miracoli li fa solo UN Signore.

E non ha le Nike (almeno credo).


Basta, mi sono rotto di scrivere, e probabilmente voi di leggere.

Spero di essere stato minimamente d’aiuto.

Alla prossima,

D.


P.S. Qui trovate un confronto tra altre scarpe da runner Nike, vi consiglio di leggerlo! 😉