Probabilmente la corsa rappresenta uno tra i gesti più naturali e più primitivi per l’uomo, ma proprio la sua semplicità rappresenta per molte persone un limite, e basta davvero poco per rendere un normale allenamento un calvario da cui uscire può essere davvero complicato.

Se ci fermiamo a guardare dei bambini al parco correre liberi in una giornata di sole, potremmo facilmente notare quante tipologie di movimenti possono eseguire, e probabilmente notare bambini che corrono in maniera corretta e naturale, che si contrappongono a bimbi che corrono in maniera sgraziata e con movimenti “disfunzionali”.

Parlare di movimenti disfunzionali in un bimbo è probabilmente sbagliato e qualche purista della corsa potrebbe dire che un movimento è disfunzionale quando provoca dolori o patologie… In assenza di tale condizione, si deve parlare di una delle tante “modalità” di esecuzione del gesto.

Nell’adulto invece, noto sempre più spesso che si verificano sovraccarichi funzionali legati al gesto eseguito male, all’attrezzatura utilizzata (scarpe, solette… etc etc) e soprattutto al tipo di allenamento che viene scambiato dal runner come un supplizio da subire, nonostante il dolore che accompagna il gesto. Proprio quest’ultimo aspetto è alla base del processo di cronicizzazione della tallonite, della fascite plantare, delle fratture da stress… di tutte le patologie che riguardano chi corre.

Cosa possiamo fare per contrastare questa condizione predisponente?

Da fisioterapista mi sento sempre di consigliare un rispetto del proprio corpo e dei segnali che ci manifesta mediante il dolore. Spesso invece non accade questo e uno sportivo, magari amatoriale, tende a pensare che la fatica è quella che porta i migliori risultati, e si arriva ad una condizione di dolore cronico che diventa molto complesso da trattare e guarire completamente.

Perché le solette Ares sono un valore aggiunto per il runner?

Dopo la prova che ho effettuato nel mio studio analizzandone il comportamento su alcuni miei pazienti, ho proseguito con un altro piccolo campione di atleti amatoriali apprezzandone soprattutto due aspetti:

  • miglioramento del gesto: proprio la falcata del runner migliora, per la spinta che forniscono in fase di appoggio monopodalico;
  • miglioramento delle vibrazioni che vengono trasmesse dalle asperità del terreno: proprio su un paio di pazienti che accusavano dolore al piede da tallonite, e che non potevano interrompere la sessione di allenamento in previsione di alcune maratone importanti, ho notato un minore affaticamento delle strutture del piede e una minore dolorabilità al termine dell’allenamento, sintomo quindi che il carbonio di cui sono costituite le solette, ha ridotto e attutito le vibrazioni che possono provocare affaticamento e dolore al piede.

Conclusioni

Certamente le solette non sono la panacea di ogni runner, ma sono in grado di dare un vantaggio in termini di qualità del gesto atletico e miglioramento delle possibili complicazioni legate proprio al tipo di sport. Mi sento di ritenere queste solette un valido supporto, quasi un “doping” prestazionale, in grado di fornire reale valore all’atleta che decide di farne uso.