Infortunio nel running e come prevenirlo – Parte 2: SAGGEZZA
Nella prima parte di questo articolo ho parlato di PRATICA.
In questa seconda parte volevo esprimere concetti più prettamente scientifici ma invece di pubblicare risultati di analisi ed esperimenti ho deciso di inglobarli in un discorso più “caldo”, diretto e comprensibile.
Nella pratica, siccome tutti i runner devono poter correre e divertirsi e devono poterlo fare con il minor rischio possibile a livello di infortuni, è necessario chiarire subito come affrontare al meglio una qualsiasi seduta di allenamento.
Oggi esco a correre. Cosa devo fare per proteggermi dai problemi? Ecco allora il discorso più importante e sottovalutato di una seduta: le routine di riscaldamento e defaticamento.
Notate bene: seguire pedissequamente questi consigli non significa però che sarete automaticamente salvi da ogni maledizione infortunistica! Da quella vi salva solo LA SAGGEZZA.
Analizziamone il significato: “L’equilibrio nel comportamento e nel consiglio, che è frutto di una matura consapevolezza ed esperienza delle cose del mondo”.
In questo caso potremmo sostituire “cose del mondo” con “cose di corsa” (che oltretutto rimane un discreto titolo anche per un periodico sui generis).
Da cosa dipende questa “saggezza specifica”?
DAL CONOSCERSI.
Il che vuol dire soprattutto aver bene presente i propri difetti. Parlo di difetti generici, anatomici in primis, ma anche di una serie particolare che personalmente definisco “naturali”.
* i difetti anatomici sono quelle predisposizioni fisiche che ci portano verso l’infortunio.
Passiamo subito all’aspetto concreto. Rispondete a queste domande:
Sono tonici i vostri muscoli?
Come definireste la vostra flessibilità?
Avete parti che spesso sono più specificatamente “retratte” rispetto ad altre?
Avete parti del corpo più deboli o siete ben bilanciati?
Siete sovrappeso?
Soffrite di qualche tipo di dismetria (una gamba leggermente più lunga per esempio)?
Le vostre articolazioni portanti sono sane?
Avete qualche tipo di difetto che sottolinea un movimento articolare specifico (es: piede piatto, alluce valgo, varismo o valgismo del ginocchio, etc)?
Attenzione: ogni singola risposta vi deve portare ad un ADATTAMENTO SPECIFICO nel vostro modo di allenarvi. Come?
Siccome non posso prendere in considerazione caso per caso (le combinazioni sono troppe), è assolutamente necessario che ognuno vada a fondo con la propria autoconoscenza.
Da questo punto di vista la figura di un professionista di fiducia (fisioterapista, ortopedico o medico dello sport) può essere di grande aiuto.
* i difetti “naturali” li definisco tali perché purtroppo fanno parte della natura di ogni runner.
Sono quei tremendi errori che TUTTI siamo portati a fare poichè ci sentiamo i protagonisti indiscussi delle nostre vite sportive. Questo ci porta molto spesso ad una considerazione di noi stessi drammaticamente esagerata rispetto a ciò che realmente valiamo. Ecco, in questo, un buon trainer può svolgere una eccellente mediazione fra ideale e reale.
– Fare lavori da stanchi per esempio, oppure caricare con i km quando si parte già particolarmente affaticati è l’espressione tipica di una certa non curanza di sé stessi (oltre che di un superomismo latente e di una discreta ignoranza della fisiologia umana).
Correre troppo forte o troppo a lungo con i muscoli già provati è una delle cose peggiori che un atleta può fare. Se poi è un over 40… è come puntarsi una pistola alle tempie.
Il recupero è un aspetto fondamentale del ciclo dell’allenamento. Chi non lo rispetta non ha ancora ben chiaro come si migliora!
– Una scarsa considerazione dello stress extrasportivo all’interno di una programmazione è un altro “naturale” errore macroscopico.
Esempio: Ho avuto una giornata pessima. I miei muscoli sono rigidi come una lastra di ferro. Ho litigato con mia moglie (o mio marito), devo portare mio figlio/a dal suo amichetto/a e ho un’ora secca per allenarmi. Ho in programma un medio ai 4’15”, sono incazzato/a nero/a e non ho intenzione di mollare una virgola.
Risultato: dopo 4 km sono parte di una grande esplosione e si trovano pezzi della mia considerazione personale sparsi ovunque. Sono uno straccio, ho fuso.
– L’introduzione di “novità” nelle proprie routine di allenamento senza la giusta gradualità.
Tipo: “Sai, ho letto sulla tal rivista che dovrei introdurre le pliometrie nei miei allenamenti. Balzi, saltelli, andature. Oggi, per cominciare, mi sparo una ventina di minuti”. Risultato dopo 24 ore: polpacci p-a-r-a-l-i-z-z-a-t-i. Fermo 3 giorni.
– Una programmazione di gare troppo fitta.
Una continua ricerca della performance senza un adeguato recupero fra una gara e l’altra e senza periodi di rigenerazione è senza ombra di dubbio una delle cause più classiche di infortunio. (Di questo parlerò specificatamente nel prossimo articolo.)
– Scarsa cura delle componenti specifiche di supporto alla corsa (allungamento post seduta, rinforzo dei distretti muscolari in base alle mie debolezze, cura della risposta neuromuscolare).
– Mancanza di regolarità nell’allenamento.
Mi alleno 2 giorni, poi stacco altri 3, poi mi alleno uno, poi….
– Errata alternanza di carichi qualitativi e quantitativi.
Troppo di uno o dell’altro. Troppa dedizione verso un singolo aspetto della preparazione senza richiami di nessun tipo verso altre componenti specifiche.
– Corsa facile mai troppo facile.
“La mia corsa lenta è ai 5’ al km e, cada il mondo, la farò ai 5’!”
L’accumulo progressivo di stanchezza porta in questo caso a far assomigliare ogni allenamento lento più ad un medio che ad una seduta di recupero.
Non ho ancora parlato dell’età. Mi sembra comunque ovvio e comprensibile che più passano gli anni più ci possa essere un progressivo decadimento dei tessuti ed un conseguente scadimento naturale delle prestazioni.
Non accettare questa condizione e non adeguare la propria programmazione per affrontare con intelligenza queste problematiche rientra fra gli errori descritti in questo paragrafo.
C’è poi un aspetto enorme dedicato alla sensibilità: riconoscere i campanelli di allarme di un potenziale infortunio salva la vita.
Qui l’esperienza gioca un ruolo determinante. Ma se da parte mia ho la sensibilità di capire che continuare ad allenarmi con certi dolori che non accennano a diminuire è come voler passare col rosso ad un incrocio… beh, sicuramente mi dimostro un filo più intelligente di tutti quelli che tirano sempre dritti stringendo i denti qualsiasi cosa succeda.
Uno stop di qualche giorno ad un accenno di problema si traduce in una ripresa pressoché immediata. Il contrario… c’è bisogno che lo descriva?
In poche parole, amico o amica che leggi, cerca di ricordare SEMPRE che qualsiasi cosa tu faccia senza il giusto rispetto verso quella cosa e verso te stesso/a potrà portarti solo TANTI PROBLEMI.
Ecco, spero che questo discorso, più “caloroso”, possa fare più effetto dei tanti riferimenti scientifici che volevo e potevo allegare.
Per quanto l’utilità sia innegabile, la freddezza di un conteggio matematico non potrà mai sostituire un sentito e diretto consiglio.
Tecnico Federazione Italiana Atletica Leggera. Tecnico Federazione Italiana Triathlon. Personal Trainer specializzato nel fondo e mezzofondo. Studioso di fisiologia del corpo umano e dello Sport