Entriamo ora nel vivo: ti mostrerò adesso come struttureremo insieme il programma.

Se non l’hai ancora fatto, ti consiglio di leggere la prima parte introduttiva che trovi qui

Come prima cosa, dovrai fare una auto-valutazione e molto sinceramente prendere in esame i punti seguenti: 

  1. Sapere chi sei
  2. Focalizzare un obiettivo
  3. Considerare una tempistica adatta
  4. Usare i lavori giusti 

#1 SAPERE CHI SEI

È una informazione che si sviluppa su due binari: è innanzitutto necessario che TU sappia chi sei e se ti interessa approcciare questo metodo, è necessario in seconda istanza che lo sappia io.

Per “sapere chi sei” intendo che è necessario che tu abbia minimamente chiaro il tuo status di atleta, ovvero una consapevolezza seppur minima delle tue attuali possibilità.

Ti faccio un esempio assurdo (ma neanche tanto, ahimè): un lavoratore cinquantenne che corre da 3 anni con un personale sui 10k di 55’ non può pensare di poter puntare a fare 35’ nella prossima gara (assicuro che qualcuno me lo ha già chiesto!!!).

Età, storia atletica e condizioni individuali sono parametri che devono essere presi in seria considerazione anche da chi si allena. La coscienza di chi si è diventa uno strumento importante anche ai fini dell’allenamento stesso.

Da parte mia, ciò che ti chiedo è una semplice serie di info di base che mi possano aiutare a costruire inizialmente la tua figura di atleta (rispondendo semplicemente a un mini-questionario).



#2 FOCALIZZARE UN OBIETTIVO

Focalizza un obiettivo alla tua portata.

Una gara o un insieme di gare ravvicinate possono essere un buon punto di arrivo nell’immediato.

Ma attenzione: non è necessario che l’obiettivo sia per forza una gara.

Dal punto di vista del miglioramento atletico individuale una o più gare forniscono obiettivi cronometrici importanti ma potrebbero essere posticipati in virtù di obiettivi più vicini e specifici, focalizzati solo su alcuni aspetti peculiari del proprio fitness, magari adatti alla gara che si vorrà  prendere in considerazione più avanti (es: allargamento del proprio volume aerobico, miglioramento di capacità e resistenza aerobica, miglioramento della soglia anaerobica, allenamenti specifici per il miglioramento del Vo2 max, ribilanciamento del proprio assetto post-infortunio, miglioramento della forza specifica, etc etc…).

Ha sicuramente senso dal punto di vista atletico indirizzarsi verso miglioramenti di fitness generale prima di puntare subito “all’orologio”.

Ragiona su cosa ti interessa. Nel questionario di cui ti accennavo ad un certo punto te lo chiederò.



#3 CONSIDERARE UNA TEMPISTICA ADATTA

Considera una giusta tempistica per preparare al meglio l’obiettivo scelto.

Nella dinamica di un giovane si è soliti guardare molto avanti e considerare una progressione di miglioramenti come step per obiettivi più a lungo termine. Un giovane può contare su tempi di recupero molto brevi, su un fisico ricettivo, su una fisiologia che gioca a favore. Più ha basi solide e tempo per consolidare il proprio talento individuale, più potrà puntare in alto quando sarà ora di farlo, dopo anni se necessario.

Il discorso è completamente diverso per atleti già oltre i 35/40 anni, magari provenienti da un passato sportivo diverso dall’atletica, oppure da uno stato di sedentarietà. Persone che si dedicano alla corsa dopo tanto tempo passato “a fare altro”.

Per queste tipologie (che siano completi novizi o persone che ha già corso) è necessario innanzitutto capire lo stato di partenza, la storia atletica e le esigenze lavorative e familiari del soggetto che, in questo preciso caso, possono influire non poco sulle dinamiche e sugli esiti degli allenamenti.

Inoltre è bene sapere che, soprattutto gli atleti provenienti da altri sport, proprio come i sedentari, partono da caratteristiche fisiche ben precise e necessitano di un approccio alla corsa particolarmente diversificato.

Questa accezione ci porta a focalizzare obiettivi vicini e raggiungibili nell’immediato (anche più di uno a livello stagionale, per intenderci) senza dimenticare comunque che ogni aspetto ha un suo tempo tecnico e, forse prima ancora, fisiologico.



#4 USARE I LAVORI GIUSTI

È innanzitutto necessario comprendere come il tuo corpo si adatta ai vari allenamenti.

Quando capisco con chi ho a che fare, tendo infatti ad eliminare il superfluo. E per superfluo intendo l’insieme di lavori che, date le tue caratteristiche, non concorrono specificatamente al raggiungimento dell’obiettivo posto.

Per questo, all’interno degli allenamenti sarai spesso chiamato a rispondere a domande che mi possano permettere di comprendere come impostare i lavori futuri in modo che siano sempre più adatti alla tua specifica fisiologia.

È infatti necessario specificare che uno degli errori più grossolani che si possono commettere è quello di dare per scontato che alcune tipologie di allenamenti funzionino al 100% su ogni individuo.

Esempio:

se prendiamo 4 atleti della stessa età con uno stesso personale sui 10k e un buon livello di fitness di base e gli facciamo fare uno stesso allenamento specifico due volte a settimana per 4 settimane in un periodo X dell’anno, al termine di questo periodo X avremo probabilmente, dato un test sui 10k, 4 risultati diversi.

Questo certamente per una serie di motivazioni diverse legate alla vita stessa degli atleti presi in considerazione (lavoro, famiglia, salute, etc) ma non possiamo sottovalutare un altro motivo fondamentale, cioè che una tipologia di lavori specifici funziona benissimo per un atleta e meno per un altro.

Questo per una serie di peculiarità individuali che rende ognuno di noi un essere unico e diverso dagli altri.


Ed eccoci arrivati finalmente nel vivo del metodo che ti propongo.


METODO E .C .B.

E.C.B. significa “estensione delle caratteristiche di base”.

È un approccio che ho organizzato osservando gli atleti (soprattutto over 35) che ho avuto il piacere di allenare e che ha dato e sta dando risultati molto concreti.

Posso dire che anche sugli atleti più giovani è senz’altro una metodica molto interessante ma è proprio sulla popolazione, definiamola, “adulta”, che ha la sua applicazione migliore.

Sopra i 35 anni (indico l’età come riferimento medio… è ovvio che per alcuni potrebbe essere prima, per altri dopo) ogni persona possiede caratteristiche di base già ben consolidate che vanno oltre la genetica: sono infatti condizionate dal passato (atletico e non) che ognuno si porta alle spalle.

Cestisti, ciclisti, pallavolisti, calciatori, nuotatori, etc etc. ma anche impiegati/e, muratori, fornai, manager, commessi/e, agenti di commercio…e, perché no, spesso la sommatoria di queste categorie, sono personaggi con caratteristiche aerobiche, muscolari, di mobilità, di flessibilità e di elasticità ben definite, quanto uniche ed irripetibili.

Diventare runner più performanti per molti/e di questi/e risulta nettamente più difficile (o più facile) a causa della tipologia di fibra di cui sono in possesso (sommatoria di genetica e sport praticati in precedenza) e delle attitudini atletiche (fra le altre: mobilità, flessibilità, elasticità) sviluppate (o involute) nel proprio passato attraverso lo sport (o la sedentarietà), il lavoro e la vita in generale.



Approcciare queste persone con gli allenamenti classici del fondo e mezzofondo, allenamenti che vadano a sollecitare in modo diretto le lacune e le debolezze di questi soggetti può molto spesso risultare deleterio ed allungare i tempi di passaggio (a volte anche di molto!) ad uno stato di fitness migliore dal punto di vista atletico.

Inoltre stati di malessere ed infortuni sono sicuramente più favoriti da questo tipo di approccio.

E.C.B. significa organizzare i lavori andando invece incontro alle caratteristiche di base; favorendole, aiutandole ad estendersi e modificarsi, puntando decisi sui punti di forza dell’atleta.


Esempi pratici:


ESEMPIO A

Ex-ciclista di 42 anni, agente di commercio, corsa potente, corre da 4 anni, risponde bene ai lavori brevi e veloci: il suo grado di fitness generale ne risente subito in positivo. Su distanze medie e lunghe e velocità aerobiche si trova più in difficoltà. Deve preparare un 10k dove vorrebbe battere il suo personal best di 38’10” fatto l’anno prima, quando era in buona forma. Adesso parte però da un grado di fitness medio: reduce da alcuni problemi fisici, attualmente, da test Conconi, ha una soglia anaerobica attorno ai 4’ al km. Desidererebbe dedicare 7 settimane alla preparazione specifica.


Metodo di approccio 1 – Medi e ripetute lunghe

Gli viene impostato un programma “classico” in cui viene lasciata a lui la cura di stretching e mobilità. Il programma non aumenta il chilometraggio di base (attorno ai 54km a settimana), e ha come fulcro una serie di corse a media intensità, tallone d’achille dell’atleta, qualche lavoro di velocità (200,300,400 mt) alternato a ripetute da 1000, 1500 e in fine 2000 mt.

L’ex ciclista risponde bene inizialmente, poi comincia ad avere qualche cedimento soprattutto di testa, “buca” qualche allenamento di medio, attorno alla quinta settimana avverte fastidi muscolari, la preparazione rallenta e in gara porta a casa 38’28”, un buon risultato ma inferiore alle sue aspettative. L’atleta sembra poi non desiderare un ulteriore scalino di preparazione e piano piano torna al grado di fitness di partenza.


Metodo di approccio 2 – E.C.B.

Allo stesso ex-ciclista, partendo dallo stato di fitness descritto (soglia a 4’ al km), viene chiesto di allungare la preparazione di 2 settimane e gli viene impostata una prima parte dedicata esclusivamente all’aumento del volume aerobico “facile” con un consolidamento progressivo del chilometraggio attorno al 15% in più del suo standard (62 km settimanali), cosa che aveva già fatto in passato senza però risultati rilevanti, forse perché non adeguatamente “rinforzata” successivamente. Gli vengono proposti diversi sprint in salita da eseguire in maniera differenziata. Dopo un test di forza gli viene affiancata una routine specifica di cura del core, della mobilità delle anche e di stretching con particolare cura dei flessori dell’anca.

Il fulcro del programma è improntato su una serie di lavori veloci ad estensione graduale fino agli 800 mt con velocità e recuperi diversificati. Vengono eliminate le ripetute lunghe, allungando invece gradualmente il numero delle variazioni brevi a cui dedicarsi.

L’atleta si trova bene. Psicologicamente “carico” anche dopo alcuni intoppi sul lavoro che non gli permettono allenamenti facili. Nessuna problematica a livello muscolare.

Nel 10k porta a casa 37’45” con grande facilità e chiede di concentrarsi sulla preparazione di una mezza maratona.



ESEMPIO B

Runner donna di 43 anni, impiegata ospedaliera, corre da 5 anni, risponde bene ai lavori medio/lunghi: la sua attitudine aerobica la porta ad ottimi risultati sulla mezza maratona. Descrive sé stessa come “un diesel”. Su distanze più brevi tende a trovarsi in difficoltà. Deve preparare un 10k dove vorrebbe battere il suo personal best di 40’36” fatto l’anno prima partendo da uno stato di buona forma. Attualmente parte da un grado di fitness medio: nessuna gara da qualche mese, un discreto carico aerobico considerato il tempo a disposizione (circa 60 km a settimana). Da test Conconi, si rileva una soglia anaerobica attorno ai 4’08” al km.


Metodo di approccio 1 – Medi e ripetute lunghe

Gli viene impostato un programma “classico” in cui viene lasciata a lei la cura di stretching e mobilità. Il programma non aumenta il chilometraggio di base (attorno ai 55/60 km a settimana) e ha come fulcro una serie di corse a media intensità, qualche lavoro di velocità (200,300,400 mt – suo tallone d’achille) alternato a ripetute da 1000, 1500 e 2000 mt.

L’atleta risponde bene in generale, spesso però “buca” i lavori di velocità, nei quali la maggior parte delle volte non finisce l’allenamento. Sostiene comunque che l’allenamento le “calza bene”, sebbene incontri anche qualche difficoltà nelle ripetute da 1000 mt, che non sempre riesce a mantenere alla velocità che vorrebbe. In gara porta a casa 40’15”, nuovo personal best. L’atleta, a seguito del risultato ottenuto, sembra essere “sazia” e non desiderare un ulteriore scalino di preparazione. Piano piano torna al grado di fitness di partenza.


Metodo di approccio 2 – E.C.B.

Alla stessa atleta, partendo dallo stato di fitness descritto (soglia a 4’08” al km), viene chiesto di allungare la preparazione di 2 settimane e gli viene impostata una prima parte dedicata esclusivamente all’aumento del volume aerobico “facile” con un consolidamento progressivo del chilometraggio attorno al 10% in più del suo standard (65 km settimanali). Gli vengono proposti sprint in salita brevissimi da eseguire in maniera differenziata al termine di alcuni allenamenti facili settimanali, un paio di routine specifiche di cura del core e una routine di stretching PNF isometrico da eseguire al termine di alcune sedute specifiche, con una particolare cura dell’allungamento dei polpacci e degli ischiocrurali.

Il fulcro del programma è improntato su una serie di variazioni lunghe (3/4 km) a ritmo mezza con recupero affaticante + un accorciamento graduale dei medi con proporzionale aumento di passo + “Fartlek guidati”  su percorsi misti, dove le sono richiesti frequenti cambi di passo veloci.

L’atleta inizialmente mostra segni di insofferenza dovuti alla poca voglia di eseguire i lavori sul core e di stretching, d’altra parte l’allenamento di corsa non sembra pesargli, tant’è che spesso fa qualche km in più del dovuto. Nella penultima settimana di preparazione poiché si sente particolarmente bene svolge un allenamento improntato sulla velocità, suo tallone d’achille: porta a casa un 15×200 in pista stando costantemente al di sotto dei tempi che normalmente deteneva su quel tipo di allenamento. Nessuna problematica a livello muscolare.

Nel 10k riesce ad ottenere un risultato per lei impensato: sotto i 4’ al km. 39’20” finali. Sulla scia di questo risultato dopo 3 settimane migliora di 15 secondi il suo personale in mezza.



Avrei anche esempi C, D, E, F, G… molto più specifici sotto alcuni aspetti ma preferisco riportare questi 2 più lampanti e comprensibili.

Come puoi notare gli approcci 1 e 2 in entrambi i casi sono diversi… ma non all’opposto.

Traducendo in maniera semplice: in uno si va incontro all’atleta favorendolo attraverso dei lavori specifici che aiutano la sua fisiologia (E.C.B.) e curano aspetti complementari (forza specifica, qualità neuromuscolari, mobilità, allungamento).

Nell’altro, l’atleta, seppur sostenendo un volume chilometrico a cui è già abituato, viene sottoposto a dei lavori che vanno a toccare direttamente le sue debolezze (CASO A), provocandogli uno stress psico-fisico superiore, oppure “calzano abbastanza” (CASO B) ottenendo in entrambi i casi un buon risultato ma inferiore al metodo E.C.B.

Nessuno ha la bacchetta magica, ma nelle mie esperienze ho imparato che con un atleta over 35 bisogna stare molto attenti alla tipologia dei carichi. Qualificare l’allenamento in un certo modo, ha sfumature che possono non solo cambiare il risultato finale ma SOPRATTUTTO l’approccio psicologico all’allenamento, cosa FONDAMENTALE per chi, non da professionista, vive uno sport come la corsa.

Spesso ci si dimentica che questi atleti sono anche padri, madri e lavoratori a tempo pieno. Da questo punto di vista studiare un programma che favorisca la fisiologia equivale a tendere una mano a chi si segue, già impegnato su più fronti.

Cosa dovrai fare concretamente?

Renderti disponibile a un costante feedback (attraverso la compilazione dei questionari che ti proporrò) che aiuti l’adeguamento dei programmi (e di conseguenza la successione dei lavori necessari al raggiungimento dell’obiettivo prefissato) alla tua specifica fisiologia.



PROGRAMMARE

Immagina che la programmazione del tuo allenamento sia un imbuto: la parte larga (stato di fitness attuale) piano piano si restringe fino a convogliare il contenuto verso un punto più stretto (stato di fitness specifico e necessario per il raggiungimento dell’obiettivo).

La suddivisione in periodi è un classico metodo che si usa come schema mentale.

Per quanto mi riguarda preferisco guardare alla tempistica necessaria al raggiungimento di un obiettivo come una successione di allenamenti che vanno dal generale allo specifico senza grossi paletti. Qualcosa che può avere oscillazioni diverse in base all’atleta che prendo in considerazione.

È infatti possibile, per esempio, che un atleta necessiti più di un altro di un consolidamento maggiore dal punto di vista aerobico o neuro-muscolare. Ecco che anche il nostro “imbuto” avrà una forma diversa.

Se dovessimo comunque, per pura questione di comodità logica, considerare una suddivisione in periodi avremo come da impostazione classica:

  • una prima fase impostata sul miglioramento delle caratteristiche aerobiche di base del soggetto della durata approssimativa di 4/6 settimane in base all’obiettivo target di riferimento e alle condizioni di fitness di base (non nascondo che per alcuni atleti inizialmente ho esteso questa fase fino anche a 10 e più settimane).
  • una seconda fase di preparazione in cui s’introducono una serie di allenamenti indirizzati all’obiettivo scelto, sempre più specifici, che, come anticipato, si vanno a plasmare sulle caratteristiche e peculiarità del soggetto (la durata di questo periodo, come la prima fase d’altronde, dipende anche dall’obiettivo scelto!).
  • una fase finale di preparazione in cui raggiungere il picco di specificità dei lavori in base all’obiettivo.


PECULIARITÀ DEL METODO E.C.B.

1. SVILUPPO DELLA BASE AEROBICA

Non è importante se punti a gare brevi o lunghe, ciclicamente, una parte della preparazione, soprattutto all’inizio di ogni ciclo di allenamento, è bene dedicarla all’estensione del chilometraggio di base. Questo a meno che tu stesso/a NON abbia la possibilità materiale (a livello di tempo o di volontà) di dedicare più disponibilità alle uscite. È altresì possibile che tu abbia già una buona base chilometrica su cui contare, in quel caso potrebbe non essere necessario aumentare ulteriormente il tuo chilometraggio, soprattutto in rapporto all’obiettivo che indicherai e/o se il rischio infortunio risultasse più alto del beneficio reale che un suo aumento ti potrebbe portare. In quel caso è probabile che sia invece necessario puntare su un altro principio fondamentale del metodo: LA VARIABILITÀ.



Nel questionario iniziale ti verranno richieste la tua storia/infortuni, la tua attuale base chilometrica e come sei abituato/a ad allenarti, aspetti che è necessario tenere in buon conto. L’aumento del chilometraggio di base in questo metodo è un dato che curo usando percentuali ben definite: tendo a distribuire un aumento di circa un 16% (in maniera progressiva) della base di partenza nel giro di 3 settimane e da lì in poi faccio seguire una settimana di scarico (un quarto del chilometraggio) e in seguito solo piccoli assestamenti fino al ciclo successivo. In generale non aumento MAI la base di partenza di oltre 16/20 km all’anno e agisco solo CICLICAMENTE e GRADUALMENTE. Inoltre ad una integrazione di km non corrisponde MAI un aumento della qualità degli allenamenti, anzi l’aspetto qualitativo rimane al minimo indispensabile per la tipologia di periodo. Come già specificato: una cosa alla volta. 


2. SVILUPPO DELLE CARATTERISTICHE NEUROMUSCOLARI E DELLA FORZA SPECIFICA

Una delle peculiarità del metodo è curare specificatamente la risposta neuromuscolare e la forza specifica, quindi non solo il rafforzamento del muscolo bensì anche il meccanismo di reclutamento delle fibre muscolari stesse attraverso il gesto. In base alle tue caratteristiche noterai che ti verranno assegnati stimoli diversificati:

  • Gi.N. – Giochi Neuromuscolari e di Forza dinamica (sprint brevi, allunghi e, in caso di atleti più avanzati anche andature ed esercizi più specifici)
  • Gi.Fs. – Giochi di Forza e Stabilità (routine per il core e/o di ri-assetto dell’equilibrio muscolare degli arti inferiori e superiori)


In particolare, per ciò che riguarda la prevenzione infortuni:

Routine per la mobilità articolare, Routine per la mobilizzazione tissutale da eseguire con foam roller e/o palline di gomma rigida, Routine di stretching (statico, dinamico e PNF sono le tipologie usate).

Una nota importante: I lavori neuromuscolari e di forza dinamica di base (soprattutto sprint brevi in salita) non li considero come “carico” poiché li doso molto progressivamente all’interno della settimana e ritengo sia molto importante  che, gradualmente, insieme alle routine di forza che ti verranno assegnate, tu ti abitui a gestirli come impegni “agevoli”.

Non preoccuparti: ogni giorno saprai esattamente cosa fare. Poiché ogni singolo giorno del tuo programma avrà uno o più video dedicati.

Non solo: terrò conto della possibilità che dopo il tuo allenamento di corsa tu sia particolarmente stanco/a oppure che abbia esaurito il tempo a disposizione… pertanto, nel caso in cui tu abbia in aggiunta quel giorno una delle Routine sopra-descritte (a parte i GiN), ti darò opzione di una routine abbreviata qualora ti interessasse comunque svolgerla.


3. NIENTE “CORSA LENTA” O “FONDO LENTO” (intesi come corsa circa 40/60 secondi più lenta del Ritmo gara 10k)

Da questo punto di vista non esiste un parametro legato al passo, l’ho eliminato. Questo perché quasi tutti gli atleti sono soliti durante la settimana considerare questo tipo di uscita come parametro irrimediabilmente NON – o solo parzialmente – MODIFICABILE, interpretando allenamenti sulla carta facili, che dovrebbero portare freschezza, in maniera errata, accumulando stanchezza e trovandosi poi costantemente in difficoltà nei lavori veramente tirati.

Cancellare questo “obbligo mentale” è stato uno dei più grossi favori alla salute psico-fisica di chi seguivo. E i miglioramenti non sono tardati ad arrivare.


4. CARICO DEI QUARTI DINAMICI

Per quanto riguarda la tipologia di carico sappi che, se possibile, in generale, tengo una (per bassi kmtraggi e poche sedute settimanali) o, meglio ancora, DUE sedute intense a settimana, TRE per gli atleti avanzati che corrono già da tempo e che hanno un più alto chilometraggio di base.



A livello di carico chilometrico alle sedute più intense dedico inizialmente circa un 10/12% del chilometraggio settimanale (quando il fulcro del lavoro è soprattutto orientato verso lo sviluppo del lato aerobico) fino a raggiungere gradualmente circa UN QUARTO del chilometraggio settimanale nelle settimane di picco per poi ri-calare le ultime settimane prima dell’obiettivo target.


COME MI PIACE IMPOSTARE LE COSE

Chiarite le peculiarità più macroscopiche di questo metodo, andiamo oltre: non posso dirti ora cosa servirà esattamente al tuo caso, però posso dirti da subito come amo lavorare.


1. Non mi piace perdere tempo. Date le tue caratteristiche, la tua storia atletica, un obiettivo e un livello di fitness iniziale, il mio focus si stabilizza sulla stimolazione degli adattamenti fisiologici necessari per ottenere il massimo della performance per l’obiettivo richiesto. In base alla tua fisiologia e a come ti trovi nei vari allenamenti proposti e (di conseguenza) ai tuoi feedback, i lavori si modificheranno.


2. Sono abituato a lavorare traducendo tutto il più possibile in maniera semplice prendendo in considerazione uno (o comunque pochi) aspetto/i alla volta per gradi di importanza. Quindi non aspettarti tabelle strane o lavori super-particolari da subito. Non funziona come nelle pubblicità: non esistono “effetti speciali e colori ultra-vivaci”. Ad alcuni atleti serve arrivare ad una stimolazione tramite lavori super specifici (circuiti di speed endurance, allenamenti a caratteristiche miste, e altro), ad altri invece basta molto meno per raggiungere picchi di fitness per loro ottimali. Prima è necessario conoscersi, le specifiche e gli approfondimenti vengono mano a mano.


3. È necessario comprendere il tuo insieme di forze e debolezze atletiche, come sei abituato ad allenarti, i tuoi carichi precedenti, la tua storia degli infortuni, il tempo che puoi dedicare all’allenamento,  il carico di stress che il tuo lavoro ti procura, etc etc…per questo i miei annosi questionari saranno un cibo che ti chiederò di masticare frequentemente. Perdonami. Solo tramite essi sarà possibile “cucirti un vestito il più possibile su misura”.


4. Ti chiedo consapevolezza ed elasticità: una tabella di marcia non è un comandamento. Visto che non abbiamo la possibilità di comunicare direttamente (o non così spesso) è necessario che sia tu stesso il tuo giudice: l’allenamento va preso in considerazione giornalmente. Stanchezza, stress e impegni sono variabili di cui non posso avere il polso. Se la stanchezza si fa sentire sta a te eventualmente accorciare un allenamento, trasformarlo in una corsa facile o proprio saltarlo se necessario. Me lo farai poi presente attraverso i tuoi feedback. I successivi allenamenti verranno adeguati anche in base a questo, se necessario.


5. Man mano che ci conosceremo, i tuoi lavori verranno plasmati. Stagione per stagione, anno per anno, in risposta ai risultati che produrrai in ogni ciclo di allenamenti. Questo per favorire i continui adattamenti che il tuo fitness subirà.


6. Per me è fondamentale che tu impari a capire e gestire le tue sensazioni. La tecnologia non può sostituire la consapevolezza di noi stessi, deve invece aiutare a capirci. Ecco perché ti consiglio SEMPRE di parametrare le tue sensazioni ai risultati descritti dalla tecnologia che usi (orologio, fascia cardio, sensori, etc). Il goal è essere in grado di allenarti egregiamente anche senza “accessori”. In fondo non saper capire i segnali del nostro corpo è un po’ come avere a disposizione il miglior computer al mondo…e non saperlo usare!