L’allenamento è la risposta del nostro corpo ad una tipologia di stimolo fisico: questa è la premessa.

Quando voglio “allenarmi” devo quindi combinare una serie di stimoli che mettano per prima cosa in crisi il mio sistema.

La super-compensazione che ne deriva, l’adattamento allo stimolo, è l’allenamento.



A volte mi piace usare la matematica per vedere le cose.

Se immagino il valore sportivo assoluto di un atleta sotto forma di numero, posso pensare alla sua vita sportiva come ad una lunghissima operazione matematica fatta di sottrazioni (stimolo) ed addizioni (super-compensazione) e a quel numero come il risultato attuale di tutta quella lunghissima sfilza di operazioni.

Ma se è vero che esistono atleti di livello mondiale e amatori che a parità di distanza gareggiano su altri livelli… è palese che esistono numeri assoluti diversi. Milioni di numeri diversi. Miliardi.



Eppure, prova a pensarci, dopotutto, anche con tutta la fantasia del mondo, gli stimoli proposti ad uno sportivo, i cosiddetti “lavori”, quanti potranno essere?

Prova a leggere un qualsiasi libro di scienza e teoria dell’allenamento riguardante per esempio il running.

Noterai che i lavori proposti si contano sulle dita di 2 mani.

Poi magari ci saranno quelli più bravi a mischiarli e rimetterli insieme… ma quanti ne sommeranno… il doppio forse? Il triplo? Rimane un numero assolutamente quantificabile.


Cosa differenzia così tanto quell’insieme di risultati?


PERCHÉ SIAMO TUTTI DIVERSI. È QUESTA DIVERSITÀ CHE FA LA DIFFERENZA.


Per assurdo: se io prendo due persone geneticamente identiche che fanno lavori diversi, uno il muratore e l’altro il bancario, e li metto dentro un campo di atletica invitandoli a  fare tre giri a tutta birra, succederà probabilmente che il muratore darà diversi secondi al bancario.

E se a questo bancario diamo invece una passione per il calcetto? Beh, le cose potrebbero cambiare. E se al muratore lo facciamo pedalare per due ore due volte a settimana? Nuova situazione ancora.


Possiamo continuare per ore aggiungendo fattori.

Fattore = un qualsiasi tipo di attività che possa indurre un adattamento.


Sai perché chi sta seduto 8 ore al giorno ha spesso mal di schiena e le anche bloccate? Perché sono adattamenti indotti da quella costante posizione.



In poche parole OGNI VOLTA CHE INDUCO UNO STIMOLO PRODUCO UNA RISPOSTA.

Ma arriviamo direttamente in fondo a questo pensiero: quando taglio il traguardo di una gara al termine di 12 settimane di fatiche avrò prodotto adattamenti su me stesso/a tali da rendermi un uomo (o una donna) diverso/a. E da lì in avanti AVRÒ BISOGNO DI STIMOLI DIFFERENTI PER MIGLIORARE.

Quindi, se ci pensi, un programma di allenamento non è mai veramente valido una seconda volta.


Durante la mia vita da studente/studioso appassionato di fisiologia dello sport ho sempre avuto a cuore un principio fondamentale del carico di allenamento: quello del carico individualizzato, che è poi il riassunto di tutto quello che ho scritto sino ad ora.


Ogni stimolo biologico deve essere individualizzato in base alle caratteristiche del singolo atleta e modificato mano a mano che l’atleta lo assimila per indurre sempre nuovi adattamenti.


Una fredda affermazione. Immobile.

Per diverso tempo ho cercato di trovare una interpretazione più “movimentata” che con poco mi potesse dare un riassunto di ciò che cercavo di esprimere.

Da qui la valutazione che una “estensione” delle caratteristiche di base dell’atleta, (una base sempre differente!) potesse essere un modo diverso per approcciarla.


Con i giovani è facile: un giovane è ricettivo, pronto, ha una risposta ed un recupero formidabile, aiutato da un impianto ormonale che rema a favore. Le basi qui possono cambiare in fretta, i piani di allenamento tuttavia devono distribuirsi in maniera inversamente proporzionale: un giovane ha bisogno di una crescita lenta, di una estensione delle sue caratteristiche a 360 gradi (soprattutto fino ai 21 anni) che lo porti ad una vera specializzazione in età più matura.



Cosa succede invece se il soggetto è un atleta over 35 con un lavoro, una famiglia e un quantitativo di stress basale che già senza sport è a “metà della bottiglia”? E se questo atleta poi, come tantissimi altri, viene da un passato sportivo diverso dal running?

Mi sono accorto che molto spesso se riportavo gli allenamenti tipici del mezzofondo su dei master (oltre i 35) che “non avevano il running nel sangue”, dal frutto usciva poco succo e più che altro, molto spesso, raggiungevo una criticità di stress che puntava dritto verso l’overtraining e l’infortunio.

Bisognava accompagnarli all’interno di un mondo diverso con una pistola nelle mani, non con una puntata alle tempie.


Ecco che l’estensione delle caratteristiche di base ha trovato la sua massima applicazione: portare un atleta alla performance desiderata inducendo stimoli che il suo corpo leggeva come “non lo conosco ma lo so fare” ha dato molti più risultati positivi rispetto ad un approccio classico.

Alcune volte NETTAMENTE più positivi.

Anche dal punto di vista della salute generale dell’atleta e del suo rendimento nella vita.


Devo altresì dire che mi è capitato di trovarmi di fronte ad atleti “anziani” che tuttavia dimostravano che il recupero ad uno stimolo anche intenso non era poi un grosso problema e che il loro sistema poteva ancora assorbire un notevole grado di criticità a livello di fatica imposta.

Questo perché non è tanto l’età anagrafica che pesa sulle spalle di chi pratica sport, bensì l’età biologica che fa la reale differenza.

Ecco che in questo caso è necessario valutare bene quale sia “la biologia” che abbiamo di fronte.

È sempre come indirizziamo lo stimolo che cambia la posta in tavola.



Se sei arrivato fino a qui è perché quello che ho detto finora ti ha incuriosito e soprattutto ti interessa MIGLIORARE.

Correre non è semplice.

Correre significa levarsi al di sopra dei pensieri, esprimere se stessi in un gesto potente e al contempo leggero, agile e liberatorio.

Per farlo, soprattutto a lungo, servono doti.

Chi è fortunato queste doti le ha innate, e comunque deve lavorare per svilupparle e mantenerle.

Chi è meno fortunato deve impegnare sicuramente più tempo e fatica per raggiungere picchi di forma sempre più performanti.


Saprai certamente che non esistono bacchette magiche, non esistono miracoli che ti permetteranno di diventare un fenomeno se la natura non ti ha donato del talento fisico necessario per esserlo.

Non esistono medicine che ti possano salvare dai più comuni infortuni, se la tua testa non agisce di comune accordo e di pari passo col tuo corpo.

Esistono però un paio di armi di cui sei dotato/a che possono fare la differenza: la tua intelligenza e la consapevolezza di ciò che sei, di ciò che stai facendo e di ciò che realmente ti occorre per migliorare.

Il mio compito è cercare di farti scoprire da solo il tuo modo, unico, di migliorare.


E qui entra in gioco il metodo che ho implementato nel corso della mia carriera. Voglio darti il mio personale benvenuto all’interno del METODO ECB nella seconda parte di quest’articolo.